Vi spiego perché i dominanti vogliono abbattere gli Stati nazionali

di Diego Fusaro
Sfociando non già nel comunismo di Marx, bensì nel capitalismo assoluto dell’open society desovranizzata di Popper, l’abbattimento degli Stati sovrani nazionali ad opera dell’Internazionale liberal-finanziaria è emancipativo e progressivo unicamente dal punto di vista del Signore post-borghese: che può, così, intensificare il proprio dominio di classe ai danni del Servo post-proletario privato della sovranità come spazio almeno in parte democratico del controllo politico dell’economia.
Ad oggi, l’Occidente non ha conosciuto altra forma concreta e diffusa di democrazia, per quanto perfettibile e non esente da contraddizioni, che non fosse quella legata all’esperienza dello Stato sovrano nazionale; il cui superamento nel quadro del globalismo assoluto post-1989 corrisponde, per ciò stesso, alla messa in congedo degli ultimi bastioni democratici ad opera del capitale ormai privo di concorrenti, di limiti e di avversari.
Mediante la spoliticizzazione dell’economia e la desovranizzazione del mercato, gli enti finanziari e la crematistica sono sottratti a ogni controllo popolare e democratico, svincolati da ogni dovere e da ogni responsabilità verso qualsivoglia comunità umana, e dunque legittimati a compiere, mediante l’esproprio della sovranità democratica, le tragedie nell’etico ai danni del Servo precarizzato, che in sé unisce il vecchio proletariato e la vecchia borghesia, la middle class dissolta nella nuova pauper class atomizzata.
L’obiettivo del Signore post-borghese, già in larga parte raggiunto, consiste nella disgiunzione del potere dalla politica e, più precisamente, nel trasferimento del potere di governo dai politici ai banchieri, dagli Stati sovrani democratici alle entità private non controllate, né elette. La globalizzazione dei mercati corrisponde a uno spazio di svuotamento integrale della politica e, con essa, della democrazia, e dunque alla nuova forma del dominio dell’élite plutocratica ai danni del Servo disarmato e costretto alla corvèe del lavoro precarizzato, intermittente, non tutelato e mal retribuito .
La lotta di classe è ora gestita univocamente dalla global class plutocratica, post-borghese, post-proletaria e ultra-capitalistica ai danni della pauper class riplebeizzata, essa stessa post-borghese e post-proletaria, privata della vecchia eticità borghese e della vecchia coscienza oppositiva proletaria, della coscienza infelice della borghesia e della coscienza antagonistica del proletariato.
In questo orientamento di transnazionalizzazione dei mercati, in fondo, si condensa il programma internazionalista di liberalizzazioni senza frontiere perseguito dalla nuova Internazionale liberal-finanziaria della global class e della sua distruzione complementare del Servo come soggetto organizzato e oppositivo e di tutti i limiti reali e simbolici in grado di frenare l’estensione illimitata del nichilismo economico .
Fonte: Interesse Nazionale
N.B. L’opinione dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione.
Non c’è dubbio che nel far questo, la global class finanziaria si serve a piene mani della democrazia, sul piano politico … E di elezioni farsa, esattamente come le politiche italiane del 4 di marzo.
La globalizzazione dei mercati, che si spinge oltre tutti i confini, fisici e psicologici, è la miglior prova che la finanzeconomia iper crematistica ha messo sotto la Politica.
Cari saluti
Personalmente, stimo Fusaro, sono sostanzialmente d’accordo con ciò che sostiene, ma gli rimprovero un liguaggio però un po’ troppo “elaborato”, e la tendenza a voler fare in ogni occasione “il colto” e ad usare espressioni troppo elaborate, che non é esattamente un modo per andare verso il popolo.
Tutto giusto,ma non so perche’,quando leggo Fusaro,mi torna alla mente il conte Mascetti e la sua “Supercazzola”.
Pure a me da la stessa impressione… come se fosse antani… 🙂
E quel non mi piace al commento di Christian?
Cosa ha detto di strano o sbagliato?
Che sia stato proprio Fusaro ad aver cliccato?
… ho visto una sua intervista ( di Fusaro) insieme a Blondet e, i effetti, la prima impressione è stata quella del “radical chic” (gli mancava solo la r blesa) pieno di termini aulici e poca sostanza.
Però ho riascoltato l’intrevista più volte e, bisogna dargli atto, che è in gamba.
Certo, come linguaggio preferisco Blondet ma, se il fine è lo stesso, ben venga anche il suo parlar forbito …
un saluto
Piero e famiglia
A proposito del linguaggio troppo “elaborato” di Fusaro, ho un aneddoto …
Costanzo Preve era ancora in vita ed era appena uscito il volume di Fusaro Minima Mercatalia, Filosofia e Capitalismo, per i tipi di Bompiani, se ben ricordo.
Il libro era centrato sul pensiero originale di Preve, vero maestro del giovane come Fusaro stesso dichiarava, in particolare sulla sequenza storica Capitalismo astratto, dialettico e speculativo (fase speculativa, l’ultima, di massima potenza, in cui tutti noi viviamo).
Personalmente, sono stato il primo a scrivere qualcosa (un paio di paginette) sulla teoria previana anzidetta, ricevendo una piccola critica da Costanzo perché avevo usato l’espressione “stadi” (del capitalismo), un po’ troppo vocativa dei celebri “cinque stadi” teorizzati da Marx (comunismo primitivo, feudalesimo, capitalismo, socialismo e il finale comunistico).
Telefonai a Costanzo, all’epoca, dicendogli che stavo leggendo il corposo volume di Fusaro, che avevo botato con piacere, in apertura, il tributo del giovane al pensiero del filosofo torinese, ma che ero perplesso per l’abbondanza di espressioni e frasi, particolarmente in greco antico, non tradotte nel libro. Io riuscivo a comprendere, ma molti altri avrebbero avuto grosse difficoltà …
Costanzo Preve, intristito, mi confessò che l’aveva fatto notare a Fusaro, perché il linguaggio del filosofo deve essere accessibile, in quanto il messaggio filosofico veritativo dovrebbe raggiungere tutti, anche coloro che filosofi non sono (come me, ad esempio, ma io me la cavavo di mio …). Persino un laureato in ingegneria elettronica con lungo ciclo di scolarizzazione, disse Costanzo, avrebbe avuto grosse difficoltà a comprendere ciò che quel giovane scriveva, in greco antico e talora in latino, Diego Fusaro.
Ebbi l’impressione che quel libro, di un certo successo e pubblicizzato, ma scritto con un linguaggio iniziatico, prettamente filosofico, con annesso sfoggio di indubbia cultura, fosse rivolto principalmente a ristretti ambienti accademici e non al “volgo” in generale, contraddicendo in pieno il Maestro (che era, ovviamente, Costanzo).
Perché? Forse per accreditarsi nei confronti di ristrette cerchie di professori e ottenere la cattedra? Per un’ambizione innata e smodata?
Lascio a voi la risposta …
Cari saluti
Dico la mia, perche è un essere umano limitato come tutti che ha lacpretesa di sentirsi migliore dei suoi simili. Un narciso moderno con i fogli exel da elaborare col correttore automatico.
Se volessi rimanere ancorato alla mia pochezza, gli direi: “Parla come magni”;
se volessi migliorare il mio modo di esprimermi, mi abbevererei al suo.
Una delle maggiori prove di mediocrità è di non saper riconoscere la superiorità degli altri”
(Jean B. Say)
Checca**o significa quel “non mi piace”? Imbecille, argomenta!!!!!
Potevi usare un tuo pensiero invece di citare pensieri altrui.è una moda insopportabile,
che omologa il pensiero su tracciati ben studiati dai dominanti. ps , iononhomessononmipiace.
Per tornare ai contenuti dell’intervento di Fusaro, che ovviamente condivido nonostante le perplessità suscitate dal suo lessico colto e accademico, segnalo, ad integrazione, un mio piccolo saggio del 2013, dal titolo Elementi di neocapitalismo:
http://www.comunismoecomunita.org/?p=4016
I punti più rilevanti, a mio dire, sono trattati nel saggio:
I punti più rilevanti, a mio dire, sono trattati nel saggio:
1) Mercato e democrazia
2) Precarietà ed esclusione
3) Dominio sopranazionale
4) Supremazia della finanza sulla produzione
5) Crisi strutturale e “bolle” periodiche
6) Trasformazione della struttura sociale in senso “neofeudale”
Cari saluti
Fusaro e’ come Mardunolbo malato di oggettivismo e poi con quel sul modo canzonatorio sembra una cantilena end anche amico di Quella schiatta pericolosa di senza prepuzio, meglio l’Orso e il Preve gente con piu coglioni e difatti il Prevent e’ stato accusatory dal Ghetto di antisemitismo xche’ partecipo’ assieme ad altri alla lente di Marx( Marx noto satanista ebreo figlio di rabbino )
Mi fa ridere Lister che se LA prende per un non mi piace ,LA provvidenza ha voluto che sui miei cellulari non vi sia i mi piace e non mi piace cosi tiro Dritto,mi permetto di fare un’annotazione per lister e mardulbo cambiate spacciatore di notizie oppure ascoltate Herzog Max Tuanton e The Roman e Claudio quando non e’ alle prese col troll .Se volete letture da farvi cadere LA cocolla non dovete far altro che chiedere,sullo stato Bandito d’Israele le so tutte
Ahahah.. :).. caro herzog, mi sto spanciando dalle risate… il troll… 🙂 grazie per la stima che ricambio volentieri.. nemmeno a me funziona il mi piace e, per quando a qualche mio commento trovo un non mi piace , ho installato una applicazione che mi fa comparire subito un chemmenefrega… chettenefrega infatti caro lister, non possiamo pretendere di piacere a tutti specie di fronte ad una grande vastità di argomenti, ciò che conta è che possiamo piacere a chi è importante per noi..bisogna fare le battaglie che contano…
“nello svolgimento storico della società borghese, le tendenze all’egemonia politica da parte del borghese, consolidatesi in un effettivo «prepotere» politico, hanno semplicemente assunto modalità di forza diverse dalle precedenti, ma, come le precedenti, esse esprimono coerenti manifestazioni di una medesima e identica realtà: serrata in schemi, appunto, di tensione produttivistico-consumistica. Il capitalista, cioè, comprende che, aumentando il salario al lavoratore, questi acquisterà il frigorifero o l’automobile prodotta dal capitalista; questi si rende conto che, stordendo chi lavora con l’ossessione di bisogni sempre nuovi – e, perciò, non reali ma illusori, artificiali – e costringendolo a preoccuparsi per acquisirli, egli potrà intossicare completamente di lavoro il lavoratore. Quest’ultimo, allora, mite e buono, tranquillo come un bove (un bove che, periodicamente, potrà muggire per rivendicazioni salariali: al quale, talvolta, sarà anche consentita l’illusione di comportarsi come un libero toro e verrà concesso di danneggiare la stalla!), non svolgerà alcun tentativo per sostituire la «propria» egemonia a quella del borghese. Lo Stato, quindi, nelle democrazie «rappresentative» borghesi, è il luogo politico solo del borghese: la sua unica reale destinazione e funzione è determinata dall’economia borghese, consiste nella difesa dell’economia borghese, nella sublimazione dell’economia borghese. Aiutata dai mezzi di penetrazione che le applicazioni tecniche della «scienza» borghese le offrono, la borghesia, dopo aver ridotto l’uomo al livello di lavoratore, è riuscita a completare il processo di identificazione tra il momento «individuale» e quello «sociale» e a riempire di sé ogni dominio. Il mercante ha imposto a tutti le proprie inclinazioni, le proprie aspirazioni: diverse, estranee vocazioni (non diremmo superiori, ma solo diverse!) non posseggono margine alcuno nello spazio politico che è del borghese, che appartiene soltanto a chi è «borghese». L’arte stessa, nonostante la ipocrita giustificazione in schemi di autonomia che i borghesi si preoccupano di attribuirle, è rigorosamente funzionalizzata per il diletto (o, meglio, per le masturbazioni intellettuali) dei borghesi. La «libera» scienza non è altro che ricerca volta al progresso del sistema borghese, cioè al potenziamento delle strutture della società borghese: ovvero, efficiente tecnologia asservita alle «conquiste» di quest’ultima. La giustizia medesima non è altro che la cristallizzazione nei codici delle idee dominanti in seno alla società borghese, delle idee della classe «prepotente», che è la borghese. Qualsiasi distonia, qualsiasi disfunzione del sistema viene da essa attribuita al sabotaggio operato dai nemici del sistema, dai pochi per cui l’ordine non è l’idolo da adorare, per cui le sublimazioni legalitarie significano solo profonde e avvilenti ingiustizie. Qualora, infine, tutti questi coefficienti di equilibrio non bastino, la società borghese pone in funzione la sua massima e risolutiva valvola di sicurezza, il deportivo, fenomeno massificato, di deviazione, di esaurimento delle energie superstiti verso un obiettivo, comunque destato, quasi demoniaco. D’altronde, se l’economia è il destino dei borghesi, essa rimane, allo stesso modo, il destino dei diseredati, cioè degli sfruttati (o, se si vuole, dei proletari). Non è in nome di una diversa realtà, o di un diverso feticcio, che i proletari muovono all’assalto del refettorio borghese. E la coscienza rabbiosa di non voler più servire ai borghesi, di non voler più concimare le fortune di costoro, che suscita la rivolta proletaria. Se i borghesi recitano il motivo dell’eguaglianza, come concetto giuridico-culturale-sentimentale, i proletari non si appagano della «buona intenzione», ma esigono che la formula, divenendo modulo di azione concreta, elimini la distinzione tra chi ha e chi non ha, o tra chi possiede di più e chi possiede di meno. Il presupposto, tuttavia, economicistico e quantitativo, rimane! E sempre in nome della «realtà» economica, è sempre sotto l’effetto del «mistico» delirio dell’economia, che il proletario tende a imporre una «sua» articolazione di rapporti economici, una «sua» organizzazione della giustizia, un «suo» modo di concepire — di conseguenza — la produzione artistica, i rapporti tra i cittadini etc. L’apparente antitesi tra le democrazie borghesi e quelle socialiste si scioglie — come il muro di ghiaccio — di fronte a questo carattere dominante produttivistico-consumistico. II «primato» che nelle democrazie borghesi viene esercitato da chi ha il potere economico e, perciò, ha il potere politico (chi possiede, comanda), nelle democrazie socialiste è costituito da chi tiene il potere politico e, perciò, ha a disposizione – come distorto privilegio della funzione di comando politico – quegli stessi mezzi di produzione che, nel campo sedicente «opposto», formano il patrimonio dei borghesi. Da una parte, i detentori del capitale, i quali posseggono — in nome della libertà, della giustizia, dell’ordine — il potere politico e mirano a conservarlo, cioè ad accrescerlo per accrescere il loro capitale; dall’altra parte, gli unici detentori del capitale, i quali, servendosi di diverse immagini di marca, reclamizzano il medesimo prodotto. La regola economicistica del processo abnorme produzione-consumo è quindi presente in entrambi.” Franco Freda, la disintegrazione del sistema
cari saluti con baci e abbracci
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