USA e “Stato islamico”: giochi sanguinosi
di Igor Siletskij
Barack Obama sta preparando una dichiarazione in relazione alla morte del giornalista James Foley. Il video dell’esecuzione dell’americano è stato diffuso dai militanti dello “Stato islamico”, che hanno anche minacciato di uccidere gli altri ostaggi se Washington non ferma gli attacchi contro di loro.
Nel frattempo, le forze governative irachene e gruppi armati di soldati curdi continuarono a combattere contro i militanti dello Stato islamico, mentre la situazione umanitaria nel nord dell’Iraq si complica.
Alla Casa Bianca non commentano le informazioni sul discorso del Presidente: fanno notare che i servizi di intelligence stanno controllando l’autenticità del video. Tuttavia, uno dei funzionari ha confermato ai giornalisti che il video apparso su YouTube con la presunta esecuzione di Foley, scomparso in Siria nel 2012, non è un falso. Il 19 agosto in rete è apparso un video, nel quale un militante dell’autoproclamatosi Stato islamico decapita il giornalista 40 enne. Il militante ha anche minacciato di uccidere altri ostaggi, in particolare, un altro giornalista Steven Sotloff che è immortalato nello stesso fotogramma, se gli Stati Uniti non cessano il bombardamento.
L’offensiva degli islamisti nel nord dell’Iraq ha portato ad una catastrofe umanitaria, riconoscono le Nazioni Unite. Oltre mezzo milione di iracheni sono stati costretti a fuggire, temendo per le loro vite. I motivi della loro paura sono molto seri: solo negli ultimi giorni i militanti dello Stato islamico hanno giustiziato circa 700 persone che si rifiutavano di accettare la loro interpretazione dell’Islam. Inoltre, gli islamisti hanno bloccato i curdi Yezidi sulle montagne di Sinjar e la situazione è estremamente grave.
Washington, esprimendo la preoccupazione per la catastrofe umanitaria, non ha alcuna fretta di aiutare il governo centrale. Tuttavia, con la benedizione di Obama, il Pentagono sta bombardando regolarmente le postazioni del gruppo islamista. Come viene fatto notare “per proteggere coloro che sono in pericolo”, il che riguarda i curdi Yezidi.
Sorprendono in questa situazione due fattori. In primo luogo, gli americani bombardano quei militanti che non molto tempo fa avevano finanziato e benedetto per combattere Bashar al-Assad in Siria, ricorda Igor Kovalev, un esperto della Scuola Superiore di Economia:
È possibile ricordare la situazione in Libia, quando i ribelli libici dopo aver rovesciato Gheddafi, avevano ucciso l’ambasciatore degli Stati Uniti.Cioè, questi sono fallimenti per l’incapacità di capire tutte le ulteriori azioni delle forze che Washington inizialmente finanzia, e quanto accade non è la prima volta né sarà l’ultima.
C’è un secondo aspetto, altrettanto interessante: Washington, di fatto, ha rifiutato di aiutare il governo centrale dell’Iraq. Ma si è affrettato a dare il proprio sostegno, e insieme a lui i suoi alleati europei, ai leader curdi. E questa è la spiegazione. Dopo il ritiro delle truppe americane le nuove autorità di Baghdad hanno cercato di ottenere l’indipendenza da Washington. È andata male. Quelli stessi curdi che negli ultimi anni progressivamente hanno messo le mani sulla provincia di Kirkuk, che è formalmente Kurdistan iracheno, non si sono sottomessi. Così, il 60% della produzione di petrolio iracheno è nelle loro mani. E oltre al petrolio, gli americani in questo paese hanno bisogno di poco altro. Così non è necessario un Iraq unificato, spiega il politologo Vyacheslav Matuzov.
Gli americani non sono interessati alla conservazione dell’Iraq in quanto Stato indipendente unificato. La loro politica è volta a dividere l’Iraq. Una chiara indicazione di ciò è che gli americani e gli europei non forniscono sostegno al governo centrale ma alle regioni curde che lottano per la creazione di uno stato indipendente. Questa finalità degli Stati Uniti sul crollo del Paese è una minaccia non solo per l’Iraq, ma per tutti i paesi del Medio Oriente.
Ad armare i curdi sono pronti, insieme agli Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Ma Berlino inaspettatamente si è opposta. L’istituzione di uno stato curdo indipendente nel nord dell’Iraq porterebbe ad un’ulteriore destabilizzazione nella regione, ha dichiarato il Ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier.
Le azioni degli Stati Uniti negli ultimi anni non sono cambiate: il principio fondamentale è vecchio come il mondo: “divide et impera“. Lo stesso approccio di Washington verso l’Ucraina. Solo l’esatto contrario. Gli americani cercano di fermare le azioni degli islamisti in Kurdistan con attacchi aerei. Sostengono i separatisti curdi e non sono contrari ad un loro futuro referendum sull’indipendenza. Ma di fronte alle azioni delle truppe governative nel sud-est della Ucraina, gli USA chiudono gli occhi e ignorano la volontà della popolazione di lingua russa che si è espressa con un referendum. Addirittura gli USA sono favorevoli al trasferimento nella regione dai Paesi del Patto di Varsavia di carri armati, artiglieria e munizioni di produzione sovietica, aggravando la portata della catastrofe umanitaria. Come sempre, un doppio standard.
Fonte: Italian.ruvr