Si palesano i veri obiettivi del “siamo tutti Charlie”
di Luciano Lago
Si è finalmente conclusa in un diluvio di retorica e di proclami (che prosegue anche oggi) la grottesca marcia per le vie di Parigi che ha visto sfilare assieme tutti i rappresentanti del grande capitale e della NATO, con in testa il primo ministro israeliano Netanyahu il quale, come leader dell’entità sionista, anche simbolicamente, era il capo in testa di tutta la manifestazione assieme con Francois Hollande, il presidente francese che faceva gli onori di casa agli importanti ospiti: dal leader britannico David Cameron, alla tedesca Angela Merkel, allo spagnolo Marano Rajoy, all’ex presidente Nicolas Sarcozy, a Matteo Renzi, al Re di Giordania, ed a tutti gli altri responsabili politici dei paesi europei e non, incluso Poroshenko, il presidente golpista ucraino, nota marionetta degli USA. Tutti hanno sfilato in segno di solidarietà con la Francia e con le vittime del giornale satirico Charlie Hebdo e del supermercato di alimenti ebraici.
Alla sfilata non sono mancate neppure le rappresentanti del gruppo “Le Femen”, quello finanziato da George Soros, nonchè di altre ONLUS notoriamente impegnate nella diffusione del Pensiero Unico laicista, radicale e relativista, in solidarietà con i vignettisti rimasti vittime degli jihadisti islamici.
Tutti “assieme appassionatamente” abbracciandosi e stringedosi le mani, molte delle quali sporche di sangue, come nel caso dell’Ucraino Poroshenko il quale è notoriamente il diretto responsabile dei recenti massacri di civili avvenuti nel Donbass (est dell’Ucraina) con oltre 5.000 vittime, fra cui molte donne, bambini e vecchi, bombardati e fucilati dall’esercito e dai reparti neo nazisti ucraini agli ordini di Kiev ed armati dagli Stati Uniti (crimini oscurati dai media atlantisti). Non mancava nel gruppo delle importanti personalità il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu, cioè proprio il rappresentante di un paese, la Turchia, che è accusato, con prove inoppugnabili, di aver appoggiato e sostenuto i terroristi jihadisti dell’ISIS e degli altri gruppi che combattono in Siria ed in Iraq, per le proprie finalità geopolitiche. Anche il turco si è dedicato a marciare per le strade di Parigi per condannare l’attentato di quei terroristi che il suo governo sostiene. Vedi: Qamishli, i curdi accusano la Turchia: aiuta l'”ISIS
D’altra parte non hanno provato certo imbarazzo a stringere la mano al premier turco gli Hollande ed i Cameron i quali a loro volta, assieme ai padroni statunitensi, da circa tre anni inviano massicci aiuti in armi, equipaggiamenti ed addestramento militare ai miliziani jihadisti della Siria, quelli stessi che, rientrando in Francia hanno iniziato a colpire obiettivi francesi, come il giornale satirico Charlie, reo di aver diffamato il profeta.
Tuttavia gli Hollande ed i Cameron sanno bene quali siano le responsabilità della Turchia, visto che sono alleati nella NATO ed assieme alla Turchia (ed all’Arabia Saudita ed al Qatar) hanno cooperato nel sostegno alle milizie dei combattenti islamici. Inoltre i due leader, con l’appoggio di tutti i media del sistema occidentale, hanno giustificato il loro appoggio qualificando i miliziani jihadisti quali “ribelli democratici” mentre questi operano in Siria per rovesciare il governo di Bashar al-Assad, da loro detestato, al contrario definiscono i miliziani come “terroristi”, quando gli stessi rientrano in Europa, almeno quelli che non ci lasciano la pelle in Siria e rientrano ai loro paesi in Europa per proseguire la Jhad in Occidente. Vedi: Il presidente Hollande riconosce che la Francia ha armato le milizie antisiriane…
Un incredibile doppio gioco che ormai non regge e viene denunciato dagli analisti indipendenti quelli che non sono stipendiati dalle centrali di propaganda dei media della NATO e di Israele, altro stato pienamente coinvolto nell’appoggio ai miliziani Jihadisti.
Tutto questo lascia molti dubbi circa la “spontaneità” dell’attacco jihadista a Parigi e, prescindendo dalle ambigue modalità di svolgimento e dall’inusuale comportamento di polizia e servizi di intelligence, rimane aperta la questione di considerare a chi torni utile tutta la drammatica vicenda.
Bisogna avere chiaro che gli attentati islamici e l’imponente sfilata di Domenica a Parigi, con la valanga di retorica conseguente (che ci sommergerà per settimane) indipendentemente dal fatto che siano “spontanei” o pilotati (false flags), hanno avuto delle finalità precise:
1) compattare nell’opinione pubblica un fronte “democratico” filo atlantista e filo Israele (destra e sinistra) in appoggio ai governi, complici delle guerre della NATO, per nuove prossime iniziative militari contro i paesi arabi ed africani che non vogliano adeguarsi alle direttive di Washington, 2) emarginare i partiti o gruppi estremisti che non siano conformi a tali politiche (questo spiega l’esclusione del Front National della Marine Le Pen). 3) Impedire ai governi europei, mediante l’intimidazione del terrorismo islamico, di riconoscere lo Stato Palestinese (quello che la Francia ed altri governi europei si apprestavano a fare), 4) evitare che i governi europei rivedano le sanzioni alla Russia (cosa che anche la Francia, in crisi economica, cercava di ottenere ).
Possiamo aspettarci nelle prossime settimane nuovi episodi simili in altre città europee (Roma e Milano incluse) e nuove iniziative belliche da parte del comando NATO. In particolare nella lista dei paesi sotto minaccia di intervento sono inclusi la Siria, l’Iraq, il Libano, lo Yemen, il Sudan e la Somalia. A tale scopo i comandi NATO si stanno predisponendo (secondo informazioni da fonti attendibili) ad interventi non soltanto dal cielo ma anche da terra e dal mare con obiettivo di rovesciare governi non conformi e mettere sotto controllo paesi che dispongono di importanti risorse naturali.
Il terrorismo salafita/wahabita, alimentato dagli alleati sauditi, turchi e qatariani, serve precisamente a questo, a fornire la giustificazione degli interventi come lo è stata la “Global War Against Terrorism” inaugurata da Bush, Dick Cheney e Tony Blair dopo l’11 Settembre del 2001, data che ha segnato lo spartiacque per l’inizio degli interventi militari diretti (Afghanistan, Iraq, Somalia, Libia, ecc.) e della successiva strategia del caos di Obama che ancora oggi perdura.
Gli aerei da guerra ed i droni senza pilota stanno già rullando sulle piste con il loro carico di bombe e missili, attendono soltanto di sapere quali saranno i prossimi obiettivi.
Nel frattempo a Parigi si sventolano bandiere e cartelli, si proclama “siamo tutti Charlie” e si marcia fianco a fianco con i massacratori di popoli.