Gli “omuncoli” che non sanno dire di NO

Enrico Letta Ha dichiarato: “Bisogna saper dire dei NO………………..”

Si riferiva alle richieste di parti sociali (sindacati di regime e confindustria) per le eventuali variazioni alla nuova legge di stabilità  emanata dal suo governo e della quale si sente anche “fiero”.

Bene per una volta possiamo dare ragione a mr. Letta, bisogna saper dire di NO ma non agli interlocutori di cui lui parla, troppo facile, bensì dire di NO alla frau Merkel, al  commissario europeo Olli Rehn, al Manuel Barroso, al Mario Draghi ed agli altri componenti della “troika” europea che impongono le direttive al governo italiano in tema di bilancio, di politica economica e fiscale.  Sono quelle direttive che, in adempimento dei trattati europei fatti firmare ai governi collaborazionisti, hanno affossato totalmente l’Italia, il suo sistema industriale , apportando flussi finanziari nelle casseforti delle banche tedesche e francesi mediante il salasso fiscale dei contribuenti italiani.

La differenza è fondamentale perché dire di no ai primi non è difficile, visto che questi recitano la consueta “sceneggiata” da sempre: “non ci stiamo, bisogna  fare di più, il governo deve apportare cambiamenti, modifiche,” ecc..qualche ora di sciopero e tutto come sempre si accomoda.

Ben più difficile sarebbe dire di No ai personaggi elencati sopra che dettano le direttive e rappresentano il potere decisionale e finanziario in Europa.

D’altra parte consideriamo seriamente che Letta avrebbe buoni motivi per rifiutare le direttive europee che ancora insistono con le politiche di austerità  che hanno prodotto il disastro attuale: in “primis” perché le politiche di austerità si sono dimostrate  totalmente fallimentari, come dimostrano i dati dei fondamentali  dell’economia italiana e degli altri paesi sottoposti alla stessa “cura” (Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda) e come riconosciuto dallo stesso FMI;  per secondo  perché l’Italia ha un peso enorme con il suo macro debito di 2.075 miliardi, 71 milioni (certificati a Giugno del 2013), potrebbe farsi forza di questo (aumentato a seguito delle politiche di austerità imposte) per richiedere una modifica al  vincolo del 3% poiché questo è una follia per una economia in profonda recessione che avrebbe bisogno di spesa pubblica per finanziare la riduzione della fiscalità sulle imprese (a livelli record mondiali) che sta producendo la grande fuga delle imprese e la chiusura di migliaia di attività con disoccupazione record e conseguente calo delle entrate fiscali, aumento della spesa per cassa integrazione, riduzione delle entrate fiscali ed aumento del debito pubblico. Per non parlare degli altri trattati europei come ad esempio quello recente del MES  (trattato di stabilità) che obbligano l’Italia a versare 40 miliardi (125 in totale)  al fondo per “agevolare” i crediti delle banche dei paesi in difficoltà.

L’eurocrazia no accetta? Ebbene, se Letta non fosse quello che è, ed avesse il coraggio di gettare sul tavolo la minaccia di un “default”  dell’Italia, di prospettare la possibilità di attivare una procedura di uscita dall’euro e si prefigurasse una  insolvenza sul debito, questo getterebbe nel panico tutto l’eurosistema che non reggerebbe e crollerebbe come un castello di carte. Questo avrebbe l’effetto di spingere la Merkel e gli altri a riconsiderare le loro politiche perché il default dell’Italia minaccerebbe sostanzialmente gli stessi interessi della Germania che fino ad oggi ha tratto un enorme profitto dall’euro e dalle politiche di austerità a scapito degli altri paesi della sponda mediterranea. Tanto più che gli eurocrati sanno che stanno crescendo in Francia ed in altri paesi  forti movimenti di contestazione dell’eurosistema che saranno vincenti alle prossime elezioni europee. Per fare questo ci vorrebbe un uomo, uno statista “con le palle” e consapevole di dover agire per l’interesse nazionale. Cosa impossibile per i personaggi politici al governo in Italia, dimostratisi “omuncoli” afflitti da quel morbo definito a suo tempo come  “libidine di servilismo” verso le centrali  finanziarie di Bruxelles e Francoforte.

Il tempo non gioca a nostro favore poiché i dati economici sono impressionanti e corrispondono a quelli di una guerra persa:

-produzione industriale crollata del 2% su base annua, -17,8% negli ultimi 10 anni,

-bruciati 12 punti di PIL dall’inizio della crisi, 200 miliardi circa, (in calo – 2,0% su base annua secondo Eurostat), previsione per il 2013 -1.9% (secondo Eurostat e S&P),

– prestiti dalle banche alle imprese  – 5% su base annua, in fumo 60 miliardi di prestiti dal 2012,

– calo del gettito IVA  – 6,8% nei primi 5 mesi del 2013,

– disoccupazione al  12,1% a Giugno 2013, dato ufficiale peggiore  dal 1977,

– disoccupazione giovanile record al 39,1% a Giugno del 2013 incrementata del 4,6 su base annua,  (senza considerare oltre 2,2 milioni di giovani  under 30 che non studiano, non lavorano, inattivi e fuori dalle statistiche)

– insolvenze bancarie calcolate in capo alle imprese hanno sfiorato nel 2012 circa 84 miliardi (83,691 ),

– potere d’acquisto delle famiglie – 2,4% su base annua, – 94 miliardi dall’inizio della crisi, circa (4.000 euro in meno per famiglia),

– entrate tributarie in calo nei primi 5 mesi del 2013  (- 0,7 % su base annua),

– deficit/PIL  – 2,9%  nel 2013 con peggioramento previsto e nuovo record di 2.075, 71 miliardi dai 2.074,7 di Maggio, oltre il 130% del PIL.

Questi dati in pratica segnano un prossimo e vicino fallimento del sistema Italia nonostante  che Letta e soci cerchino di tranquillizzare l’opinione pubblica e fornire rassicurazioni alla troika europea.

In realtà si profila all’orizzonte un prossimo “commissariamento” dell’Italia con dettatura delle condizioni direttamente a Bruxelles e Francoforte.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/21/letta-sul-governo-bisogna-saper-dire-di-no-altrimenti-si-mettono-tutti-a-bordo/750913/

http://www.rischiocalcolato.it/2013/10/litalia-e-fallita-ma-letta-e-napolitano-vi-raccontano-unaltra-storia.html

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