SAPIR: PERCHÉ DOVREMMO ACCOGLIERE CON QUALCHE SODDISFAZIONE IL QE DELLA BCE

Un interessante approfondimento di Jacques Sapir sottolinea alcuni aspetti della decisione di Mario Draghi che sono passati quasi inosservati e tuttavia rappresentano un passo importante verso un ritorno alle politiche monetarie nazionali, e forse una preparazione allo scioglimento dell’euro.

di Jacques Sapir, 22 gennaio 2015

E così, Mario Draghi ha usato il “bazooka”. L’annuncio appena fatto di questo giovedì 22 gennaio resterà agli annali. La Banca Centrale Europea si è infine convertita all”allentamento’, il cosiddetto “quantitative easing” (o QE per gli addetti ai lavori). Ma è una misura disperata. Non vi è alcuna prova che darà i risultati sperati. E invece solleva molte domande. In un certo senso, ci si può anche scorgere, e questo è forse il punto più importante, l’inizio di un riconoscimento che la zona euro non funziona più ed è opportuno prepararne lo scioglimento.

Le misure annunciate.

Alla conferenza stampa Mario Draghi ha fatto una serie di annunci che si possono sintetizzare come segue:

La BCE ha deciso di lanciare un programma di acquisto di asset molto esteso, che assomiglia ma va oltre i programmi precedentemente annunciati (TLTRO). Il programma, che entrerà in vigore nel mese di marzo e continuerà fino a settembre 2016, consisterà nell’acquisto di titoli di debito pubblici e privati sul mercato secondario per un volume di 60 miliardi di euro al mese.
Questo programma è stato deciso a causa del crollo dell’inflazione e dei rischi di deflazione nella zona euro.
– Sarà attuato secondo la regola della proporzionalità della contribuzione di ciascun governo al sistema BCE.
– La BCE coordinerà gli acquisti di titoli da effettuare nei limiti indicati dalle Banche Centrali Nazionali (BCN). I rischi saranno coperti al 20% dalla BCE nell’ambito di un principio di solidarietà a livello di tutta la zona euro, e il resto sarà compito di ciascuna Banca Centrale.
I titoli acquistati potranno avere una scadenza fino a 30 anni.
Questo programma non deve incoraggiare i governi al lassismo fiscale.

Queste misure erano già attese dagli operatori dei mercati finanziari, ma la portata del programma ha impressionato favorevolmente gli operatori. L’importo complessivo di questo “allentamento” raggiunge i 1.140 miliardi. E’ iniziato un movimento al ribasso dell’euro rispetto al dollaro USA. Tuttavia ci sono degli altri dettagli degni di nota, e in particolare la regola della proporzionalità degli acquisti del debito (il che implica che tre paesi ne trarranno il maggior beneficio, Germania, Francia e Italia), ma anche la regola della solidarietà limitata al 20% degli acquisti.

Una misura dettata dalla disperazione?

Bisogna chiedersi se questo annuncio da parte di Draghi non sia l’ultimissimo passo, dettato dalla disperazione per l’evolversi della situazione economica, ma anche politica, della zona euro. Ricapitoliamo i fatti:

Mario Draghi aveva agitato la minaccia di un’azione di questo tipo sin dall’inizio di settembre 2012. Se ci atteniamo alla teoria della credibilità che è la base della politica comunicativa della BCE, questa minaccia è stata fatta per non essere messa in pratica. Aveva lo scopo di scoraggiare decisamente gli speculatori e coloro che prevedevano un possibile scioglimento dell’eurozona. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che, dopo che per circa un anno gli è stato dato credito sulla base semplicemente della parola, in seguito la credibilità di Mario Draghi si è lentamente, e poi sempre più velocemente, disintegrata. Così, l’ultima misura diretta alle banche del settembre 2014, la cosiddetta “TLTRO”, è stata un fallimento. Questa perdita di credibilità è un segnale importante della crisi che ben conosciamo dell’eurozona.

I meccanismi attraverso i quali questo allentamento monetario dovrebbe rilanciare l’inflazione e quindi l’attività economica non sono chiari. In effetti, l’Europa non è gli Stati Uniti, e anche lì i risultati del QE1, QE2 e QE3 sono quanto meno confusi.
Se il calo dell’euro rispetto al dollaro USA è una buona cosa, va osservato che tra il 60% e il 70% del commercio internazionale dei paesi della zona euro, con l’eccezione della Francia, si svolge all’interno dell’eurozona. Il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro non avrà gli stessi effetti di rilancio dell’attività economica che potrebbe avere una dissoluzione della zona euro, con delle svalutazioni più o meno significative dei paesi dell’Europa meridionale in rapporto alla Germania.

Il ruolo del credito sui consumi e sugli investimenti è significativamente meno importante in Europa rispetto agli Stati Uniti. Se l’annuncio di questo allentamento darà sicuramente una spinta ai mercati dei titoli (in particolare ai mercati azioni) e rafforzerà le banche e le altre società finanziarie, le famiglie che detengono titoli in portafoglio sono in numero limitato. Non ci sarà quindi alcun effetto di ricchezza reale tale da aumentare la dinamica dei consumi.

C’è una contraddizione tra la dichiarazione fatta da Mario Draghi sulla necessità di mantenere delle politiche di bilancio rigorose e questo “allentamento”. In realtà, davanti al rischio di deflazione, è l’intervento di politica fiscale, non quello di politica monetaria, che è efficace contro la recessione e la deflazione. Il problema principale in Europa è il declino della quota dei salari dei lavoratori sul valore aggiunto.
Ciò dimostra che, per quanto possa essere spettacolare, questo annuncio è una risposta a una domanda che non è stata posta. In realtà, l’allentamento monetario è un intervento coerente quando si tratta di affrontare una crisi di liquidità, come nel settembre 2008. Ma ora non è così.

La fine della zona euro?

C’è un punto che merita di essere analizzato, ed è la decisione di limitare il meccanismo di condivisione del rischio al 20% degli acquisti. Ciò significa che, per l’80% di questi acquisti di titoli, il rischio sarà a carico della Banca Centrale del paese considerato. Tuttavia, il principio della condivisione è alla base del funzionamento dell’eurozona.

Dobbiamo riconoscere che oggi, in termini di mutualizzazione, siamo tornati indietro alla situazione del 1999, vale a dire al momento dell’introduzione dell’euro.

– C’è stato, dal 2010, un importante movimento verso la rinazionalizzazione del debito (che può essere visto nel conto TARGET-2), il che significa la fine del mercato unico dei debiti all’interno dell’eurozona.
– Ormai sappiamo che questa condivisione si applica solo al 20% dei futuri acquisti di titoli. In altre parole, la Banca Centrale d’Italia sopporterà l’80% del rischio per l’Italia, la Banca Centrale della Grecia l’80% del rischio per la Grecia, e così via.

– Infine, non è stato notato che Mario Draghi si è ben guardato dall’annunciare l’immediata attuazione del suo programma e l’ha rinviato al mese di marzo. La ragione è semplice. Resta in attesa del via libera della Corte di Giustizia europea. Ora, il parere dell’avvocato generale, che non è una sentenza, afferma che l’attuazione di un programma della BCE (in questo caso l’OMT) deve rispettare il principio di proporzionalità e non deve interferire con l’istituzione di un prezzo di mercato per i titoli ammessi al programma. [1]
Una possibile interpretazione delle misure adottate da Mario Draghi è che esse rappresentano un atto disperato di una parte della BCE che, davanti all’entità della crisi, cerca a tutti i costi di trovare una soluzione, anche se provvisoria. Ma, nel farlo, questa parte della BCE ha appena aperto la porta a una rinazionalizzazione della politica monetaria dei paesi membri dell’eurozona. E’ probabile che non fosse questa l’intenzione.

Tuttavia, diventerà sempre più difficile per i politici della zona euro pretendere che siamo in un sistema federale, proprio quando la politica monetaria ridiventa ormai una politica nazionale. Per questa ragione, e solo per questa ragione, dovremmo quindi accogliere le misure di allentamento monetario annunciate da Mario Draghi con una certa soddisfazione.

Fonte: Voci dall’estero

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