Per uscire da questa situazione serve un “nuovo inizio”
di Enrico Galoppini
Adesso lo so che mi beccherò i latrati di quelli che vorranno leggere in quel che ho scritto ciò che assolutamente non penso, eppure qualche parola va spesa per definire che cosa è “il nostro modo di vita” quando dopo ciascun episodio di “terrorismo islamico” è tutto un susseguirsi di dichiarazioni del seguente tenore: “Continueremo a vivere secondo i nostri valori!”; “non ci faremo impaurire!”, “non ci rinchiuderanno in casa!”.
Secondo me, se non si è messo il cervello in stand by, si possono tranquillamente tenere distinte queste due cose: 1) la condanna e l’orrore senza riserve per una bomba fatta esplodere su un autobus, in un mercatino, in mezzo alla folla di un concerto eccetera; 2) il giudizio su che cosa – secondo i suoi apologeti – sta alle basi della “nostra civiltà” (“occidentale”, “europea”, “moderna”, per taluni “cristiana” eccetera).
Ora, le civiltà non prendono forma per il fatto che dei ragazzini adorano una “star” americana, o perché degli adulti vanno al ristorante, o perché altri si ritrovano in un “club gay”. E nemmeno perché si concepisce il mondo come il catalogo d’una agenzia turistica, tutto a disposizione per noialtri in cerca di “emozioni”, a prescindere da tutto il resto che agita le umane vicende in varie parti del pianeta (ma quello non c’interessa: basta che “non rompano le palle”). Le civiltà non sono mai nate dagli “appetiti” e dalle “passioni”. Che ci possono anche stare, per carità, ma che non hanno mai fondato alcunché.
Le civiltà nascono semmai perché emergono ciclicamente delle personalità d’eccezione, degli “eroi” (per dirla alla Carlyle), i quali, ad un certo momento, per un comando “dall’Alto”, sguainano (non solo metaforicamente) la spada e riportano le lancette della storia ad un “nuovo inizio”. Altri uomini fuori dall’ordinario li seguono per così dire dinamizzati e cominciano a porre le fondamenta di un nuovo ciclo di civiltà.

Spengler
Dopo la fase “eroica” segue inesorabilmente la fase della decadenza (Kultur contro Zivilization, avrebbe osservato Spengler), che può essere più o meno lunga e penosa ma nella quale i sintomi sono sempre gli stessi: prevalenza del dire sul fare e dell’elemento razionale e sentimentale su quello intellettuale puro; inversione su ogni piano dell’esistenza, individuale e collettiva; preferenza accordata alla “vita comoda”; generale assenza di senso ultimo della vita. L’esito di tutto questo è presto detto: si costruiscono stadi, padiglioni fieristici e sale da concerto, mentre i templi si svuotano; al corpo – e mai all’anima – si dedica ogni tipo d’attenzione, tanto “dopo” non c’è più nulla: di qui la ricerca costante del “divertimento”.
Siccome conosco i miei polli che non vedono l’ora di mettermi in bocca quello che non ho detto né ho scritto, sottolineo che non è in alcun modo in discussione qui il sacrosanto “diritto” di chicchessia di andare allo stadio, al pub, al concerto eccetera (tutte cose – ci tengo a dirlo – che ho fatto anch’io, anche se ora m’interessano poco o nulla). La cosa che qui contesto è una sola: non sono queste attività di svago le basi della “civiltà”, che ad ogni tornata di questo strazio fatto di “attentati islamici” le cosiddette “istituzioni” politiche e religiose rivendicano orgogliosamente come un disco rotto.
In molti sappiamo (o abbiamo il serio e fondato dubbio) che non si tratta di “terrorismo islamico” (o che non è solo quello e non è, comunque, il fattore decisivo), ma ciò che conta per comprendere bene il mio ragionamento (e la possibile soluzione del problema) è prendere sul serio la posizione ufficiale delle “nostre autorità”, per le quali alla fine della fiera siamo “in guerra contro l’Islam”. Sì, va bene che ci sono l’Islam “cattivo” (l’Isis, al-Qâ‘ida, Boko Haram, i Talebani ecc., ed anche – incredibilmente perché non ci minacciano in alcun modo – L’Iran e Hezbollah) e quello “buono” (“riformato”, “democratico” e persino “laico”), ma la sensazione dell’occidentale medio fiero d’esser tale con tutti i suoi predetti “valori” è quella: per lui, l’unico musulmano buono è quello morto (anche solo “civilmente”: cioè, come sopra, “non rompe le palle” e si adegua all’andazzo). E mai e poi mai lo stesso occidentale medio si sognerebbe di adombrare il dubbio che questi “terroristi islamici” siano nient’altro che dei pupazzi in mano a soggetti molto più furbi di loro.
È qui che si mostra impietosamente come l’Occidente, la cosiddetta “civiltà moderna”, disponga di armi spuntate per reagire alle “idee forti” dell’Islam, che comunque lo si voglia intendere, dal più fanatizzato ed unilaterale a quello più “tradizionale” e quietistico (ma rigoroso), un’idea di civiltà con una sua precisa gerarchia di principi e valori ce l’ha. Così come ce l’hanno i predetti pupari dei “terroristi islamici”. Gli unici che non ce l’hanno siamo noi, vittime sacrificali predestinate in questo gioco al massacro architettato per metterci contro quello che non è il “nemico principale”.

Crisi del mondo moderno – Guenon
Invece niente da fare, come un automa impostato dal suo inventore l’occidentale medio (ben rappresentato tra la sua “classe dirigente”) continua a rivendicare un’idea di civiltà fondata sul “divertimento” ed una concezione dell’esistenza all’insegna della smemoratezza del perché di questa vita e di quella che ci attende dopo il trapasso. Anziché tirare fuori regolarmente i gessetti, i palloncini e gli orsacchiotti, o apporre al proprio profilo Facebook il logo dell’ultima strage (ma chi li prepara?), bisognerebbe interrogarsi su come si possa continuare col cosiddetto “nostro modo di vita” e coi “nostri valori” se non ci si dà una svegliata, ovvero se non si è portatori di un messaggio forte, eguale e contrario a quello dei “terroristi”.
Intendo dire che se da una parte veniamo accusati (non senza ragioni) di vivere “dissolutamente” (lasciamo perdere per ora il fatto che anche gli accusatori non siano proprio dei “modelli di santità”), dall’altra non si può mettere in campo una risposta efficace (come minimo per difendersi da un’offesa) con un surplus della medesima dissoluzione. In altre parole, al di là della lampante non credibilità come “guide” di questi esponenti dell’Islam “fondamentalista”, che nemmeno i loro connazionali vorrebbero manco come sturacessi, il grande assente continua ad essere “la nostra civiltà”, che sembra (e quasi sicuramente è così) decotta, incapace di reagire, rassegnata alla prossima “strage islamica” alla quale si risponderà con le parole d’ordine dell’“accoglienza” e della “tolleranza”. Senza un qualsiasi moto di ribellione verso questa “classe dirigente” che ci ha ficcati, per ignavia e connivenza, dentro questo casino.

Attentato a Baghdad
Io non ho la soluzione in tasca su che cosa dovrebbe essere questa “risposta” forte e significativa. Questo segnale che qui ancora c’è “vita”. Ma di sicuro non è con le parole d’ordine buoniste e decadenti degli ultimi tempi che si potrà porre un argine a tutto questo.
Si potrebbe cominciare, per esempio, dal mostrare tutti questi “buoni sentimenti” e compassione per le vittime anche ogni volta che a Damasco come a San’a, a Tripoli come a Gaza, della gente in moschea, al mercato o semplicemente in strada viene fatta oggetto di attentati dinamitardi che lasciano sul selciato corpi straziati come quelli del Bataclan o della Manchester Arena. Ma non si può fare, altrimenti quelli là ci sembrano “come noi” e finisce che ci restano perfino “simpatici”.
Si dovrebbe quindi insorgere tutti assieme, dall’Occidente all’Oriente, contro il comune nemico, individuandolo e chiamandolo per nome e cognome (eh già, ci sono i mandanti del “terrorismo”). Quello che semina zizzania tra gli uomini col coniglio di pezza degli “attentati”; quello che scaccia la gente dalle loro case coi pretesti ideologici più assurdi e crea ondate di “profughi”; quello che alla fine, in una società “israelizzata”, trasforma in una “roulette russa” anche le più banali attività quotidiane come il prendere il bus, andare in pizzeria o fare la spesa al mercato.
Ci dovrebbe fare furbi. Si dovrebbe smetterla di credere a chi ci racconta frottole dalla mattina alla sera. Perché se dire le bugie non va bene, non è che crederci – quando sono così smaccate e ripetitive – sia poi meno grave. Come se, in fondo, convenisse crederci, perché l’alternativa è prendere la situazione di petto e andare al fondo di che cosa è – e, soprattutto, chi governa – la cosiddetta “civiltà moderna occidentale”. Quella che non ti nega nessun “divertimento”, ma anche quella che alla fine, mentre fuori tutto è in apparenza “bello”, dentro ti ha svuotato e non hai più nemmeno l’idea di che cosa significhi reagire.
Fonte: Il Discrimine
Condivido in toto. Purtroppo per noi il “nemico” è all’interno ed è quello più insidioso, sono i traditori che hanno occupato le istituzioni. Mai come adesso gli italiani trattati alla stregua di un gregge di pecore dai pecoroni che li “governano” dovrebbero trarre insegnamento dalle parole di Alessandro Magno … “Io non ho paura di un esercito di leoni se sono condotti da una pecora, io temo un esercito di pecore se sono condotte da un leone”.
Io ho paura di un esercito di leoni condotti da un uomo vero, oppure da un altro leone.
ammazzi il comandante ma i leoni ti sbranano ugualmente.
Ammazzi il comandante leone delle pecore e le pecore si sbandano…
Così è successo col papato. La massoneria ha lavorato per decenni fino a far salire in alto pecore obbedienti.
Il resto del gregge è allo sbando..solo la forza invisibile che arriva dall’Alto permette che esistano ancora nuclei di fedeli.
Il resto è nella nebulosa di Andromeda…
C’è un bel libro, scritto agli inizi del Novecento, titolato “La macchina del Tempo”.
Ne fecero pure un bel film !
Il protagonista è uno scienziato che viaggia nel futuro e nel passato. Il futuro è interessante, poichè descrive un bel mondo con belle case immerse nel verde di una campagna ben tenuta.
La gente è tutta giovane e felice, ma di una felicità strana che non è nè amichevole, nè solidale.
Alla sera tutti a dormire, in casa.
In casa sempre pronto del cibo di ogni genere con frutta fresca e verdura raccolta, evidentemente in orti ben lavorati.
Quando suona una sirena tutti si mettono in fila e camminano dove la sirena suona; un edificio grande dove entrano attraverso una porta con lungo corridoio che porta dove non si sa…
Sono gli Eloi (gojim attuali) che vengono allevati con ogni genere di distrazione tale per cui dopo generazioni sono privati di ogni interesse profondo e vegetano come “animaletti al pascolo” .
Infatti chi li alleva sono i Morlocchi, una specie umana, pure , che a furia di vivere nascosta ed al buio è diventata refrattaria alla luce e ricoperta di peli, La muscolatura è assente ma hanno aspetto scimmiesco orripilante.
Insomma due specie umane, di cui una vive di giorno (Eloi)senza alcuna prospettiva di futuro e di vecchiaia, ma sono contenti così, senza porsi alcuna domanda !
L’altra vive di notte e si è degenerata in specie scimmiesca (Morlocchi) con una caratteristica: mangiano carne umana, degli Eloi, infatti li hanno addestrati a rispondere al loro comando di entrare nella “fabbrica” dove saranno cucinati a dovere per diventare pranzetto esclusivo…
Non siamo ancora a questo livello brutale, ma l’andazzo è già “buono” ed i giovani sono già sulla “buona strada”.
Del resto gli ammazzamenti , come sacrifici umani a divertimento per entità morlocchiane, ci sono già in tutto il mondo con il “terrorismo” che fa stringere tutti insieme in un solidarismo senza dignità, senza ribellarsi ai regimi “democratici” che ci impongono terrorismo, ma non terrore (ritrovarsi sempre senza cambiare sistema di vita…tutto è normale…non pensiamoci sopra tanto…!)
Io non mi sento Eloi, nè Morlocco e spero che gli attuali Eloi sappiano ritornare umani con profondità di pensiero e curiosità di scoprire !
@Mardunolbo. Molti anni fa vidi il film di cui parla, ma era già iniziato e non riuscii a sapere il titolo ! Mi colpì molto ed anche io ho fatto spesso il parallelismo con quanto sta accedendo sotto i nostri occhi. Se non ricordo male il film finisce con un segno di speranza con “l’eroe”, un uomo che aveva piena consapevolezza di se e della realtà, che per l’amore verso una donna combatte con tutte le forze e riesce a svegliare gli Eloi dal loro torpore mortale inducendoli a ribellarsi ai loro carnefici Morlocchi. Ora che conosco il titolo, cercherò di rivederlo. Grazie e saluti.
“..dell’elemento razionale e sentimentale..” questa locuzione rappresenta una contraddizione nei termini, infatti il raziocinio è antitetico al sentimento.
Egregio Galoppini ormai anche i sassi sanno che nulla è come appare, la recente storia è li ad insegnare, particolarmente in Italia con le BR che di rosso avevano solo il nome. Erano delle mere ombre cinesi, alla stregua della Falange Armata, dirette da un unico regista.
Per favore si svegli che ormai ne ha l’età.
salve
articolo che approvo in pieno e, anche la citazione di Mardunolbo (libro e film), calza a pennello sull’attuale situazione.
Ho letto il libro di Guenon citato nell’articolo e sto leggendo, lo ammetto con difficoltà, quello di Spengler.
Chi di noi, tra i commentatori, ha figli giovani, deve combattere, non contro di loro ma PER loro, educandoli come si faceva una volta:
con una netta distinzione tra male e bene, morale e amorale, nel rispetto della legge e dell’autorità materna e paterna …
Già questo, sarebbe una piccola rivoluzione nei confronti del mondo attuale.
saluti
Piero e famiglia
Suggerisco, qualora non sia già noto, anche l’altro testo fondamentale del Guénon al riguardo: “Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi”, ove la maestria dell’autore delinea la sostanziale “quantificazione” del mondo moderno, ricordandone la natura chimerica e mutilata poiché nulla può davvero esser ridotto a mera quantità ponderale, avendo ed essendo ogni cosa composta da elementi “qualitativi”, da intendersi più nel senso di archetipici che non estetico-morali (il che implica comunque la necessità e di una estetica e di una morale, idonee a preparare il terreno in vista di una loro piena comprensione ontologica); le “qualità” ad esempio delle Gerarchie Angeliche, vere e proprie entità sovraindividuali, vanno ben oltre l’aspetto qualitativo morale, essendo esse squisitamente metafisiche: sono dunque “qualità” nel senso di emanazioni di attributi divini, secondo già ampiamente esposto dallo stesso Dionigi Areopagita in “De Coelesti Hierarchia” (“Non solo; ma ogni emanazione di splendore che la celeste bontà lascia traboccare su l’uomo, reagisce in lui come principio di semplificazione spirituale e di celeste unione, e con la sua virtù, lo riconduce verso la sovrana unità e la deifica semplicità del Padre”, cap. I, argomento I; o ancora in cap. II, argomento I: “Ho creduto opportuno dunque di procedere nel modo che segue: esporre cioè, prima di tutto, lo scopo delle diverse gerarchie e il vantaggio che ne deriva alle loro varie parti; inoltre celebrare i cori angelici, attenendomi a ciò che di essi ci dicono i santi insegnamenti, ed esporre infine sotto quali forme gli ordini invisibili ci sono rappresentati dalla Scrittura, ed a quale concezione puramente spirituale quei simboli debbano riportarci”).
Pensavo che stesse meditando circa la socievolezza, dal momento che non l’ho più letta e lei sa che chiedere è lecito rispondere cortesia, cortesia che in molti commentatori è completamente assente, a proposito di socievolezza.
Come già espresso in precedenza, la socialità segue le regole del gregge, mentre la socievolezza quelle dell’individualità ma non dell’individualismo. Ne consegue che la prima risponda generalmente in modo meccanicistico alle “regole” istintuali, nonché ai luoghi comuni, plasmati sulla massa spesso in modo inconsapevole (direbbero Eraclito ed Empedocle che sarebbe il subire le forze d’attrazione e ripulsa, individuali quanto collettive, essendo perennemente agiti come nel mezzo di Scilla e Cariddi); l’uomo-massa infatti ignora del tutto cosa comporti la pratica onerosa che anche il tempio di Delfi rammentava, senza peraltro intendere con “se stessi” – come invece volgarmente si ritiene – le contingenze psichiche individualistiche, bensì le essenze archetipiche costitutive (e l’uomo-individuo invece deve riporre somma attenzione a che la presunzione di praticare questa ricerca di conoscenza non prenda il sopravvento, conducendolo al titanismo, o al luciferismo, che poi sono medesima cosa).
Viceversa, la socievolezza si comporta nei confronti del prossimo egualmente come con se stessi: cercando di comprendere realmente, e di volta in volta, chi o cosa ci stia accanto e muovendosi sulla base del minimo pregiudizio possibile e della minima concessione alle succitate forze attrattive e repulsive: l’uomo socievole dunque sa essere ben disposto nei confronti del suo simile – così come essere correttamente critico, e tuttavia senza il farlo su di una base strettamente personalistica o collettivistica – ma senza soggiacere ai meccanismi indotti dalla socialità istintuale o istituzionalizzata.
“.. l’uomo socievole dunque sa essere ben disposto nei confronti del suo simile …..” lei pensa di rientrare in questa fattispecie?
Non ci può essere nessun INIZIO senza la DISCIPLINA. Solo con l’amore e la lealtà un essere umano non è attratto a fare il bene.
Un sistema super liberista centra la sua forza nell’anarchia verso i valori morali ed una precisione assoluta verso gli adempimenti burocratici che uccidono l’essere economico.
Da una parte viene ucciso l’essere umano offrendo libertà in tutto, ed dall’altra viene ucciso l’essere economico determinando tale morte con costi alti per la soddisfazione dei beni primari.
Questo soprattutto adesso si verifica in Occidente, o nelle economie mature così mature pronte alla caduta dall’Albero.
l’Occidente non una nessuna forma di disciplina per limitare il degrado morale dei popoli, al contrario usa tutte le forme di DISCIPLINA contro quelli che non adempiono al pagamento che spetta a CESARE.
Nessuna disciplina per stimolare il popolo a “pagare” con norme morali sane la tassa a DIO. Ed ecco che CESARE pretende il controllo dell’ECONOMIA, ed lo stesso CESARE stimola il popolo a rinnegare DIO, principalmente costringendo gli uomini sin da piccoli a credere alla TEORIA dell’EVOLUZIONE ed questo è il primo colpo contro il CREATORE.
Non ci potrà essere un nuovo inizio finchè l’uomo non accetti le sue origini, finchè l’uomo non riconosca il suo Creatore. Certo CESARE può condurci come una Padre o una Madre e guida milioni di cittadini, scrive delle norme da seguire, in poche parole crea un SISTEMA, ed in tutta onestà funziona almeno dal punto di vista economico, ma è un fallimento dal punto di vista morale soprattutto in Occidente.
La DISCIPLINA è l’unico strumento che può convincere gli uomini tendenti alle cattive azioni che è meglio favorire il Bene Comune. Per la maggioranza delle persone solo buone maniere e parole miti non bastano per poterle strappare al degrado morale.
Per concludere non ci può essere nessun INIZIO senza la DISCIPLINA, ma dopo corriamo il rischio di cadere in una “Dittatura”, ed questa se non ben dosata è un altro cattivo inizio.
Sono d’accordo Idea3online ! la disciplina e l’ordine vanno di pari passo e sono emanazioni delle Regole universali che sono scritte nel Decalogo.
Ma per essere d’accordo su quanto hai espresso, bisogna riconoscere che l’essere umano è o può avere tendenze verso il Male. E ciò è negato a priori dall’ateo o dall’agnostico che rifiutano la concezione religiosa dell’uomo come creatura che DEVE omaggiare il suo Creatore.
Aggiungiamo pure che la disciplina permette di favorire il Bene comune così come la Giustizia punisce l’incoercibile , mentre la Misericordia perdona il pentito.
Ma sono tutti concetti di cui si è fatto “strame” per via della boria e superbia che caratterizzano ateismo ed agnosticismo che vanno alla grande nel mondo europeo !
Per evitare la caduta in un sistema dittatoriale, sia esso politico, culturale o pertinente a qualsivoglia altro ordine di cose – ma anche perché la “disciplina” sia effettivamente tale, e non costrizione esogena non riconosciuta in pienezza, bensì accettata passivamente per comodo o inane sottomissione – occorre che sia autodisciplina nel senso più esauriente del termine. E l’autodisciplina inizia con lo studio e l’osservazione di se stessi, così come per addestrare un cavallo occorre conoscerne il carattere e le predisposizioni – e l’analogia tra mente e cavallo è ricorrente nelle vie introspettive genuinamente spirituali –; si tratta dunque d’apprendere il modo per plasmar se stessi sulla base – ovvia – d’un principio d’ordine superiore che va ben oltre la contingenza, quanto richiede costante, paziente e rigorosa pratica ed approfondimento per la vita intera.
Diversamente, la disciplina si ridurrà a un accettare regole dettate dall’utilità del momento o dall’arbitrio della persona, in modo più o meno entusiastico o tollerabilmente subìto, oppure ad accogliere istanze di cui non si comprende il senso reale, ma solo l’osservanza e la ripetizione, così preparando un fertile terreno al rigetto, e soprattutto al moralismo e all’utilitarismo (che guarda caso sono assai ricorrenti, sebbene talvolta dissimulati, anche nell’attuale liberismo, il quale li intreccia inestricabilmente per servire i suoi scopi, tant’è che possiamo osservare come perfino l’affitto di un utero corrisponda a motivazioni utilitaristiche – non essendo tali maneggi previsti nell’ambito naturale – e moralistici – poiché il “poveretto” o la “poveretta” non in grado di partorire deve per forza avere il diritto, del tutto astratto e slegato dalla realtà, di poterlo fare, piuttosto che comprendere i veri motivi per cui l’ordine naturale delle cose non abbia previsto in lui quella possibilità, prevedendone invece altre).
Quella indicata è la Perfezione, che verrà raggiunta sicuramente ma pochi riusciranno. Per adesso amore e “frustino in mano”, offrire gli “aiuti” per domare il cuore o anima o i pensieri. Per adesso, serve la DISCIPLINA solo per domare la tempesta che è dentro ogni essere umano. Certo in questo pianeta esistono e vivono uomini che hanno raggiunto l’equilibrio tra bene e male ma sono una piccolissima parte. Per tutti gli altri serve la carezza ed il frustino.
È curioso; innanzi a prospetti come il mio precedente, molto spesso, che il mio interlocutore si definisca religioso oppure agnostico, che professi un credo formale oppure sia razionalista, esilia sempre l’indicazione in un ipotetico futuro, pur riconoscendone la praticabilità per un ristretto numero d’individui, e senza preoccuparsi di come farne parte. Verissimo che la pienezza possa essere intuita e perseguita da pochi, e non per loro merito strettamente individuale; ma se si perde di vista l’ampiezza della visione, la mira ne risulterà comunque ristretta in ciò che già soggiace alle angustie della contingenza: non è a dir poco contraddittorio?; perché si possa compiere 100 occorre tener presente almeno 1000 (e stiamo facendo un ragionamento puramente quantitativo). Se il problema è attuale, come pensare che la effettiva chiarificazione giaccia in possibilità future? (peraltro questo atteggiamento riecheggia, sotto inconsapevoli mentite spoglie, l’ambiguo concetto dell’evoluzionismo): le radici sono presenti già adesso, minimizzarle rischia di smarrirne la memoria (guarda caso, è quanto ormai accaduto). Sarebbe come dire: il problema dei muri cadenti dipende dalle fondamenta, ma siccome ci vorranno tempo e specialisti nel bonificarle, per ora mi preoccupo di intonacare nuovamente e basta. Un palliativo del momento. Approcci parziali richiamano risoluzioni parziali e viceversa: ma qui non stiamo parlando di strutture architettoniche bensì di qualcosa di ben più complesso e articolato che è l’essere umano.
Il frustino serve con chi è palesemente riottoso nel perseguire volutamente l’errore: essendo sua volontà quella di compiere contrariamente alla giustizia, occorre rivoltargli contro la sua stessa violenza, senza però arrogarsi il diritto di esercitarla in proprio. Ma con una massa inconsapevole e plasmabile, lo stesso frustino serve come lo stampino nella cera: senza nient’altro che ne agevoli l’assimilazione imprime una semplice immagine che potrà essere scalzata da quella sagomata in differente e successivo stampo. Così si crea una “disciplina” che esiste finché è al cospetto del padrone forte che la impone, pertanto fasulla, deperibile e facile al risentimento: un surrogato caricaturale, la disciplina dei buoi nella stalla. Del pari, un esercito che abbia ranghi compatti soltanto in virtù del timore per il generale, è un esercito di paglia. (1)
Questo atteggiamento non è una forma d’educazione durevole poiché non mette radici alle singole pianticelle, piuttosto le costringe a crescere in certo modo finché la coercizione dura, pertanto non le sottrae alla forza coercitiva che un altro, e con intenti niente affatto nobili, saprà esercitare nel solito futuro, il quale dunque resta perennemente incerto e preda della secolarizzazione (l’attuale permissivismo sostituisce questa disciplina coatta con la disciplina, in altro modo coatta, dell’indisciplina: lo stolto che si sente libero facendo ciò che lo aggrada è nulla di più che il prodotto d’una disciplina imposta che gli consente d’essere apparentemente indisciplinato; il non comprenderlo fa girare a vuoto): quindi, alla lunga, qualsiasi forma di disciplina coatta diventa una forma di violenza che crea il prodromo al rigetto causa della propria caduta (un leitmotiv alquanto ricorrente nella storia dei secoli…). Con questi presupposti dunque non cambierà mai nulla di significativo ed essenziale, ma solo temporaneamente e in via del tutto contingente: almeno saperlo, e farsi una ragione che il bianco e il nero continueranno ad alternarsi, simili a burattini, su questa miseranda e teatrale scena: e noi l’essere sballottati come diafane e anonime comparse.
(1) “Il generale che va per la sua strada senza cercare successi personali, che si ritira senza temere il disonore, che agisce sempre per il bene del popolo e del sovrano, rappresenta il tesoro più prezioso dello stato. Un tale generale ha cura dei suoi uomini come di bimbi, ed essi lo seguono anche in fondo all’abisso. Li tratta con lo stesso affetto dei propri figli, ed essi sono pronti a dare spontaneamente la vita per lui.” (Sun Tzu, “L’Arte della Guerra”, cap. 10 Terreno)
Oltremodo, com’è ben noto, il termine “disciplina” deriva dal verbo latino “discĕre”, ovvero “imparare”: ne consegue che qualsivoglia atto (impositivo e non) che non offra una effettiva possibilità reale ed effettiva di apprendimento ed assimilazione da parte del “discepolo” o “discente” non sia disciplina, e dunque non possa raggiungere concretamente gli obiettivi che la disciplina intenda perseguire.
X Mardunolbo condividendo il tutto,secondo me gli Eloi sono un incrocio futuro di Europei con africani clandestini a cui interessa solo,fare il droghiere,l ‘iphone,e scopare qualsiasi cosa che trova al momento giusto!
Quali sarebbero questi “valori occidentali”? L’edonismo? L’individualismo? Il diffuso consumo di alcool e stupefacenti tra i giovani? La sessualità promiscua e sbandierata ai quattro venti nei programmi televisivi? Il nichilismo? Il libertinaggio sociale del tipo “faccio quello che voglio anche a discapito delle regole e del buon senso”? Le discoteche? Il liberismo economico? il ripudio delle tradizioni? Il ripudio del Cristianesimo, il cui processo ha avuto inizio con la Rivoluzione del 1789?
Se questi sono i “valori” del nostro caro vecchio continente – culla delle più grandi civiltà mai nate sulla Terra – beh, la strada dell’islamizzazione per ISIS e compagnia è più che spianata e temo diventerà realtà nel giro di pochi decenni. I veri valori dell’Occidente erano quelli che traevano origine alla filosofia greca, all’etica romana e alla morale cristiana, soffocati nei decenni scorsi e del tutto antitetici ai “valori” attuali, a mio modesto avviso indifendibili.
I “valori” tanto cari ai leaders occidentali sono in realtà gli ANTI-VALORI che stanno portando l’Europa, la sua millenaria storia, la sua civiltà, la sua cultura, le sue tradizioni, e soprattutto, i suoi popoli (bianchi), verso la definitiva scomparsa.
Ho dimenticato a elencare tra i cosiddetti “valori” occidentali – e me ne scuso – quella immonda bestialità contronatura denominata “matrimoni omosessuali”, che rappresentano un vero e proprio sacrilegio a quella che è l’istituzione del MATRIMONIO, che può essere soltanto l’unione tra l’uomo e la donna finalizzato alla felicità e alla riproduzione.
La sua lucidità è sconvolgente.
Sono d’accordo che sono disvalori ed è umiliante.
La ringrazio, distinti saluti.
P.S.: tra i disvalori occidentali ho dimenticato a citare pure il consumismo, il femminismo (o meglio mascolinismo), l’aborto libero e il transessualismo. Come vede, la nostra realtà è piena zeppa di questa sporcizia, che uno se ne dimentica a elencare tutti i mali.
Forse le è sfuggito che poco tempo fa si parlava di evoluzione ed il sottoscritto ha chiesto lumi in proposito, senza per altro ottenere risposta.
Alla luce di quanto da lei sostenuto sono più propenso a definirla involuzione della società, perché l’unico Golem è il materialismo, a cui mancano completamente i corpi sottili.
salve
segnalo questo pertinente articolo che recensisce un ottimo libro:
http://www.ereticamente.net/2017/05/jack-london-la-peste-scarlatta-a-cura-di-andrea-c.html
saluti
Piero e famiglia