M5S, è ora di diventare adulti

di Alessio Mannino

Grillo ha spostato il mirino contro l’euro per la sovranità monetaria. E ha fatto bene. Era ora. Bisognerà vedere quanto ci metterà a compiere l’ultimo passo: la denuncia del problema a monte di ogni moneta in mano alle banche private, anche quando tornassero nazionali e non più succursali della Bce. E cioè la proprietà, che dev’essere pubblica e non di una banca centrale con azionisti privati. Ma per ora contentiamoci dell’indubbio avanzamento.

Ricapitoliamo. Dopo aver subito un duro colpo più politico che numerico alle europee, il Movimento 5 Stelle ha capito che il furbetto Renzi gli ha tolto il primato della novità e della lotta anti-casta (che questo poi sia vero, è un altro discorso). Nei mesi successivi il “capo politico” Beppe Grillo e il suo stratega Gianroberto Casaleggio hanno scelto di comparire meno e mandare avanti un po’ di più le giovani leve, primi fra tutti Lugi Di Maio e Alessandro Di Battista.

Non è bastato: quel che molti chiamano oggi “partito a 5 Stelle” (ma non lo è, non è mai cambiato: anarchia in basso, dittatura in alto, ed il positivo sta nella seconda, trattandosi di una forza a guida carismatica con ambizioni rivoluzionarie o presunte tali) non era capace di darsi una nuova linfa ed una nuova linea, deluso e sfiduciato com’era. Quando le aspettative sono troppo alte, in caso di sconfitta o semplicemente di non-vittoria, il tonfo è pesante ed è più difficile rialzarsi. Una timida ripresa c’è stata solo di recente, con il raduno al Circo Massimo. Che è stato numericamente un successo ma politicamente null’altro che un serrare le fila ed un chiaro segnale del duo Grillo-Casaleggio che a comandare sono sempre loro e soltanto loro. Prova ne sia l’espulsione dei dissidenti che hanno occupato il palco, gli ultimi di una lunga serie fra parlamentari e attivisti.

A tutt’oggi la tenuta del movimento non è in discussione: finora chi è stato sloggiato è finito nel dimenticatoio. Chissà che i grillini sognanti, quelli che onestamente credevano nella stronzata galattica dell’“uno vale uno”, abbiano capito finalmente che un’organizzazione politica anti-sistema non può e neppure deve reggersi totalmente sulla democrazia dal basso. Primo, perché senza Grillo (e nel pacchetto con lui è compreso Casaleggio, che effettivamente, con quella sua fissa tecnologica, da pensare ne dà) non esisterebbe nessun M5S. Secondo, ancora più banalmente, perché uno non vale un altro: un cretino non vale un intelligente.

E ci vuole intelligenza, politica ma basterebbe anche intelligenza tout court, per capire che il punto fondamentale è nella “guerra” più volte richiamata dal leader: se sei in guerra contro tutti, non puoi credere di poter mettere sempre tutto ai voti. La colpa di questo equivoco è proprio dei diarchi al timone, che l’hanno propagandata e che da mo’ si ritorce loro contro.

Quanto alla linea, Grillo ha spostato il mirino contro l’euro per la sovranità monetaria. E ha fatto bene. Era ora. Bisognerà vedere quanto ci metterà a compiere l’ultimo passo: la denuncia del problema a monte di ogni moneta in mano alle banche private, anche quando tornassero nazionali e non più succursali della Bce. E cioè la proprietà, che dev’essere pubblica e non di una banca centrale con azionisti privati (com’era la Banca d’Italia prima dell’unificazione valutaria europea). Ma per ora contentiamoci dell’indubbio avanzamento.

Il guaio è che i pentastellati, su questo terreno, arrivano buoni secondi rispetto alla Lega del dinamico Salvini. L’union sacrée fra i due anti-euro non gioverebbe a nessuno dei due: il M5S perderebbe voti a sinistra (già in uscita per l’attrazione esercitata dal Pd renziano), mentre il neo-Carroccio più nero che verde non ne guadagnerebbe, dunque la sommatoria non porterebbe a niente di concreto sul piano elettorale. La verità è che Grillo e i suoi avrebbero dovuto puntare decisamente e da subito, all’indomani delle elezioni, nell’occupazione politica dello spazio a destra, avendo molte più chance di riuscita rispetto ad una Lega che, sia pur agguerrita, resta marginale.

A questo punto non conviene più dare addosso ai leghisti, ma fare le seguenti operazioni: 1) far diventare adulto il movimento, dotandosi di un direttorio di volti e soprattutto di teste funzionanti, efficaci, brillanti da sguinzagliare nell’agone nazionale, ma non per fare i pappagalli: Beppe e Gianroby devono cominciare a cedere potere, eliminando l’ambiguità dello “staff” che quando c’è non dovrebbe esserci e quando dev’esserci non c’è; 2) strutturare il territorio, con coordinamenti locali permanenti dotati di pieni poteri che godano della fiducia del direttorio; 3) preparare la classe dirigente locale e nazionale con veri e propri corsi di formazione culturale, politica ed economica affidata ad esperti di ciascun settore; 4) darsi priorità: oltre l’euro (tema ostico, per l’inclita)andrebbe ripresa in grande stile la questione sociale, che si lega benissimo all’immigrazione come macchina per avere schiavi a buon mercato. 5) il nemico principale dev’essere uno solo, e non può che essere Renzi. Tutto il fuoco su di lui.

Fonte: L’Intellettuale Dissidente

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