Lisbona: la Corte Costituzionale boccia il taglio alle pensioni
Il Tribunale Costituzionale portoghese è tornato, per la terza volta in pochi mesi ieri, a bocciare alcune misure introdotte dal governo di Pedro Passos Coelho su imposizione della troika europea (Fmi, Bce e Ue).
La suprema Corte portoghese dimostra di essere del tutto indipendente e valuta come anticostituzionali i provvedimenti adottati dal governo dietro dettatura della Commissione Europea. Questa volta ad essere rimandato indietro è il testo governativo in materia di riforma del lavoro la cui approvazione era stata descritta dal premier come una delle sue maggiori vittorie in campo politico. In particolare il massimo organo giudiziario del paese ha invalidato due norme che rendevano più facili i licenziamenti, insieme ad altri articoli che riducevano i diritti dei lavoratori nel campo della contrattazione collettiva. La nuova norma, secondo il tribunale supremo, violava le leggi portoghesi in materia di ‘giusta causa’ ed apriva la strada a licenziamenti indiscriminati e di massa.
Come accennato, è la terza volta che il Tribunale Costituzionale di Lisbona stoppa le misure di austerità implementate dal governo di destra sotto dettatura di Bruxelles in cambio dei cosiddetti prestiti.
Ad aprile i magistrati annullarono la soppressione della tredicesima per dipendenti pubblici e pensionati, oltre che i tagli governativi ai sussidi di disoccupazione e per malattia inseriti nella legge di bilancio del 2013, il che ha obbligato il governo a riscrivere completamente la legge finanziaria approvata a fatica qualche mese prima e a trovare altrove il miliardo e trecento milioni che mancavano all’appello. Ad agosto poi la Corte ha bocciato la misura governativa che creava un nuovo regime di “mobilità speciale” per i lavoratori del settore pubblico, che rendeva più facile il trasferimento dei dipendenti in vista del loro licenziamento.
La nuova tegola sull’esecutivo prevedibilmente inasprirà ulteriormente le relazioni tra Coelho e i giudici della Suprema Corte, accusati dai settori filo europeisti di remare contro il ‘salvataggio’ del paese e di rappresentare una fonte di instabilità politica. Secondo i giudici il taglio di quasi il 10% delle pensioni superiori a 600 euro al mese era incostituzionale. Il verdetto, molto atteso dai mercati, arriva dopo che ha superato l’esame della Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) sull’attuazione del programma di rientro per il prestito di 78 miliardi concesso nel 2014.
I tagli avevano provocato accese contestazioni da parte dell’opposizione e dei sindacati, e fatto scendere in strada migliaia di portoghesi. Ora l’esecutivo dovrà trovare risposte alternative.
La notizia è caduta come una mazzata sul premier mentre naturalmente l’ha accolta con entusiasmo, così come i sindacati che negli ultimi mesi hanno chiamato i lavoratori a partecipare a numerosi scioperi e mobilitazioni contro la cosiddette austerity. Secondo l’opposizione e la coalizione della sinistra, la terza bocciatura consecutiva delle politiche economiche del governo, fiduciario della Troika di Bruxelles, dovrebbero essere considerate come uno stop definitivo al massacro sociale imposto dalla politica di austerità europea e alla stessa legittimità dell’esecutivo. Il principale sindacato portoghese, il comunista CGTP, ha subito preteso la riassunzione dei lavoratori pubblici e privati già licenziati sulla base della norma bocciata dal Tribunale Costituzionale.
La situazione del Portogallo dimostra che non in tutti i paesi si accettano senza reagire le “politiche di austerità” ed ai tagli alle spese sociali dettati dall’eurocrazia di Bruxelles e Francoforte, tanto meno è scontato che anche le centrali sindacali, la magistratura ed i partiti di opposizione si “adeguino” a tali politiche, salvo proclamare qualche ora di sciopero per salvare la faccia, come avviene invece in Italia.
http://it.euronews.com/2013/12/20/portogallocorte-costituzionale-boccia-il-taglio-delle-pensioni/