« Light footprint », la nuova strategia del dominio globale statunitense
di Samer ZOUGHEIB
Gli Stati Uniti hanno messo a punto una nuova strategia di dominio del mondo, chiamata « Light footprint ». Ma numerosi Paesi continuano a resistere alle mire egemoniche statunitensi.
Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha denunciato, nel corso della sua conferenza stampa annuale, giovedì, le mire imperialistiche dell’Occidente e le sue pratiche egemoniche. « I nostri partner hanno deciso che essi sono i vincitori, che loro sono un impero e tutti gli altri i loro vassalli da schiacciare», ha detto. Ha accusato gli Occidentali, Stati Uniti in testa, di voler «strappare le zanne e gli artigli dell’orso russo ». 25 anni dopo la caduta del muro di Berlino, essi stanno erigendo, secondo lui, un nuovo muro fra la Russia e l’Europa. « Si tratta di un muro virtuale, ma la sua costruzione è già iniziata », ha dichiarato il Capo dello Stato, ricordando l’allargamento della NATO fino alle porte della Russia (Paesi baltici) e lo scudo antimissile in Europa orientale.
La volontà degli Stati Uniti di voler dominare il mondo non è un segreto, ma il nuovo metodo di Washington per realizzare i suoi disegni è meno conosciuto. Si tratta della strategia della « Light footprint » – o impronta leggera, che si articola attorno a una serie di strumenti militari, politici ed economici, che hanno cominciato ad essere messi in atto in questi ultimi mesi su scala planetaria. Questa strategia si basa sul concetto dell’intervento nell’ombra, meno costoso in risorse umane e finanziarie, ma non meno deleterio.
Il « comando da dietro »
Questa nuova strategia è il risultato del fallimento del concetto di « guerra globale contro il terrore » (global war on terror o GWOT) del presidente George W. Bush, che si è conclusa con i fallimenti militari in Irak e in Afghanistan, che ha provocato decine di migliaia di morti e di feriti nei ranghi delle forze armate statunitensi, un disastro economico con la crisi finanziaria del 2008, e un declino morale, dimostrato dalla violazione dei valori che l’America pretendeva di rappresentare. Il decennio 2000 è stato in effetti caratterizzato dalle menzogne statunitensi, dalle torture nelle prigioni, dalle detenzioni extragiudiziali di migliaia di persone a Guantanamo e nelle prigioni segrete della CIA (pratiche ancor oggi in corso) ecc…
Ѐ finito, dunque, il tempo del « boots on the ground » (forze di terra), e dei classici interventi massicci, sostituiti ora dal « Light footprint ». Caroline Galactéros, dottore in scienze politiche, spiega perfettamente i pro e i contro di questa nuova strategia, orientata verso l’Asia (the shift towards Asia), il cui obiettivo prioritario è il contenimento della Cina, vista come il principale rivale degli Stati Uniti nel medio termine.
Il « Light footprint » si basa sul « comando da dietro » (the leadership from behind), che significa affidare a degli ausiliari i compiti più visibili – e spesso più ingrati, dirigendoli da dietro la scena. E Washington riesce a trovare degli Stati sostituti che accettano di fare al suo posto il lavoro sporco. « Il comando da dietro » si è chiaramente manifestato durante l’intervento della NATO in Libia e si vede bene nella crisi ucraina, dove l’Unione europea è in prima linea nella battaglia contro la Russia per indebolirla e impedirle la formazione, insieme alla Cina e ai suoi altri alleati, di una nuova forza emergente sulla scena internazionale.
Questo principio si dimostra anche, benché con meno successo, nella cosiddetta guerra contro i terroristi dello « Stato islamico ». Pur avendo messo insieme una coalizione di circa quaranta paesi, è l’aviazione americana che fa il lavoro pesante in Irak e in Siria (in apparenza ed in modo ambiguo- ndr).
Forze speciali, droni, cyberguerra
La « Light footprint » si basa su una mutazione della strategia militare statunitense, che ormai si propone l’impiego di forze speciali, l’uso massiccio di droni e la cyberguerra. Lo si è constatato durante l’attacco informatico contro il programma nucleare iraniano, le operazioni speciali condotte in Somalia e nello Yemen contro Al-Qaeda, e il dispiegamento di droni nello Yemen e in Pakistan. Si tratta, soprattutto, come sintetizzato da David Sanger, capo corrispondente del Washington Post alla Casa Bianca, di creare in silenzio un « hard power secret », di sostituire alle guerre convenzionali militarmente aleatorie, mediaticamente invadenti e politicamente costose, delle guerre nell’ombra, di cui solo qualche impresa spettacolare, spiega Caralonie Galactéros, volente o nolente, sarà resa pubblica.
Secondo il senatore repubblicano della Carolina del Sud, Lindsay Graham, che inavvertitamente nel 2013 ha infranto la legge del silenzio, questa modalità di azione avrebbe provocato quasi 5000 vittime dal 2004.
La « Leadership from behind» funziona molto bene in Africa, dove Washington ha lasciato la direzione delle operazioni in Libia a Francia e Gran Bretagna e sostiene oggi Parigi nel suo intervento militare diretto in Mali e nella Repubblica Centrafricana, attraverso la sua base in Niger. Ma questo non significa assolutamente che gli Stati Uniti hanno lasciato il continente nero ai loro alleati europei. Africom, il nuovo comando regionale statunitense fondato nel 2008, conta già 5000 soldati americani. Principalmente dedicato alla « lotta contro il terrorismo » nel Corno d’Africa e nel Sahel, « serve anche come testa di ponte per gli interessi economici statunitensi nella regione, soprattutto di fronte alla massiccia presenza commerciale della Cina », scrive Caroline Galactéros.
Il ruolo subalterno dell’Europa
Il fatto rilevante è che l’Europa ha abbandonato i suoi sogni di grandezza e ha accettato il ruolo subalterno di subappaltatore per conto degli Stati Uniti. Ma la cosa più sorprendente è che questo ruolo è a volte ricoperto a scapito dei propri interessi strategici, come abbiamo visto bene nella crisi ucraina. La Francia, la Germania e altri Paesi europei hanno ceduto alle richieste degli Stati Uniti di isolare la Russia e di indebolirla economicamente, pur sapendo che ciò avrebbe avuto gravi ripercussioni sulle loro economie.
Peggio ancora, gli Stati Uniti hanno deciso di far condividere l’onere finanziario – « burden sharing »-, facendo pagare ai suoi « alleati » il prezzo degli interventi militari in giro per il mondo.
Ѐ contro questa nuova forma di imperialismo, meno visibile ma altrettanto dannosa, che la Russia, l’Iran e la Siria lottano da anni per conservare il loro diritto ad esistere come nazioni libere ed indipendenti.
(Traduzione a cura di Marcella Guidoni)
Fonte: French.alahnednews
Nella foto sopra: militari USA in azione in Iraq