Le sanzioni dell’Iran potrebbero trasformarsi in una dimostrazione della debolezza degli Stati Uniti

di Patrick Cockburn
Certamente se la Cina, la Russia e anche l’UE mantengono aperta la loro strada di collaborazione con l’Iran, “Il pericolo per gli Stati Uniti non è solo il fatto che questi paesi si stanno opponendo alle sanzioni contro l’Iran, ma che tutti hanno interesse a fare in modo che le sanzioni falliscano”.
Le sanzioni statunitensi imposte all’Iran oggi sono la più grande prova finora dell’ambizione del presidente Donald Trump di agire unilateralmente, sfidando sia i poteri rivali sia gli alleati tradizionali.
L’obiettivo dell’amministrazione Trump è di mettere abbastanza pressione economica sull’Iran per costringerlo a rinegoziare l’accordo sul nucleare iraniano del 2015 o, più ambiziosamente, per assicurare il cambio di regime a Teheran provocando disordini popolari.
Sarà difficile raggiungere entrambi gli obiettivi: le sanzioni possono imporre un’intensa pressione su un paese, se mantenute per un lungo periodo, ma la loro efficacia dipende dal sostegno e dall’applicazione da parte di un’ampia coalizione di poteri. Questo è quello che è successo con le sanzioni ONU in Iraq tra il 1990 e il 2003 e con le sanzioni sull’Iran tra il 2006 e il 2015.
Ma questa volta non ci sono coalizioni che sostengano le sanzioni e una grande schiera di stati dalla Cina e dalla Russia fino ai paesi della UE e i paesi limitrofi dell’Iran, Turchia e Iraq, che si oppongono a sanzionare l’Iran. Ad un certo livello, stanno cercando di salvare l’accordo iraniano, noto anche come piano d’azione globale congiunto, che i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza – Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina – oltre a Germania e UE, avevano concordato con Iran tre anni fa.
Il pericolo per gli Stati Uniti non è solo il fatto che questi paesi si stanno opponendo alle sanzioni contro l’Iran, ma che tutti hanno interesse a fare in modo che queste falliscano. Sanno che se Trump riuscirà, la loro stessa autorità sarà danneggiata perché gli Stati Uniti avranno dimostrato di poter agire unilateralmente ed efficacemente senza la loro assistenza.
Il potere del Tesoro degli Stati Uniti non deve mai essere certo sottovalutato, ma in questa fase le probabilità di successo di Trump sembrano lunghe e si allungano nel tempo. Trump potrebbe decidere di negoziare con l’Iran – come ha fatto con la Corea del Nord – e dichiarare una famosa vittoria, il che non è impossibile.
Nonostante tutta la retorica bellicosa di Trump, deve ancora iniziare una guerra e la sua immagine fantastica dell’Iran che tenta di conquistare il Medio Oriente gli renderebbe facile affermare di averlo respinto, dal momento che in primo luogo questo non sta accadendo e la realtà ci dice che l’Iran è un paese che non ha mai aggredito ed invaso nessuno, a differenza dell’Arabia saudita, di Israele e degli stessi Stati Uniti .
Il segretario di stato americano Mike Pompeo ha affermato che, “a causa delle sanzioni che oggi annunceremo, l’Iran non avrà entrate petrolifere da spendere per il terrorismo, la proliferazione missilistica, i proxy regionali o un programma nucleare”.
Ma il potere iraniano in Medio Oriente non dipende realmente da nessuna di queste cose ed è, in ogni caso, solo forte nella parte settentrionale della regione – Iraq, Siria e Libano – dove gli sciiti hanno forza politica e l’Iran è in libera alleanza con la Russia, la Siria e la Turchia.
In ogni caso, l’intervento politico e militare iraniano era al culmine fino al 2017 in Iraq, quando l’esercito iracheno riconquistò Mosul e nel 2015-16 in Siria, quando la Russia iniziò il suo intervento militare a sostegno del presidente Bashar al-Assad, e quando l’est di Aleppo fu riconquistato dall’Esercito siriano con l’aiuto degli iraniani (e di Hezbollah ) e strappato dall’opposizione armata dei gruppi terroristi appoggiati dall’occidente. Vincitori e vinti sono emersi in questa parte del Medio Oriente e il successo o il fallimento delle sanzioni statunitensi sull’Iran non cambierà il risultato.
Una debolezza della politica dell’amministrazione Trump in Medio Oriente è la sua esagerata fiducia sull’Arabia Saudita e sul Principe ereditario Mohammad bin Salman : molto prima dell’omicidio di Jamal Khashoggi da parte degli assalitori sauditi a Istanbul il 2 ottobre, l’incapacità operativa e il pessimo giudizio del regno la leadership era, per alcuni, ben evidente.
Il potere crescente nel mondo musulmano non è l’Arabia Saudita, ma la Turchia, che ha rapporti amichevoli se irritanti con l’Iran e mantiene l’equilibrio tra Stati Uniti e Russia. L’Iraq, un paese a maggioranza sciita, cerca di mantenere buoni rapporti con Teheran e Washington, ma in ogni conflitto tra i due si schiererà con l’Iran a causa di un’influenza iraniana profondamente radicata e dell’identità sciita comune. Anche la Turchia di Erdogan ha già dichiarato che manterrà i suoi legami e la cooperazione con l’Iran.

Iraniani contro le sanzioni
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato in prima linea nel portare gli Stati Uniti a ritirarsi dall’accordo nucleare e ad affrontare l’Iran, tanto che il premier israeliano è di fatto l’eminenza grigia che guida le scelte di Trump, assieme al genero di questi, Jared Kushner (ultra sionista).
“L’Iran è la più grande minaccia per Israele, per il Medio Oriente e per la pace mondiale”, ha dichiarato lunedì. “Per molti anni ho dedicato il mio tempo e le mie energie a combattere la minaccia iraniana … Oggi vediamo i frutti di quella lunga e continua battaglia.”
Ma il leader israeliano, come il signor Trump, si è già specializzato nella retorica bellicosa e nei minacciosi proclami, ma lui stesso è cauto nell’impegnarsi in un vero conflitto militare. Questo potrebbe cambiare, ma Israele non guadagnerebbe molto e potrebbe avere grosse perdite in una guerra con l’Iran e con Hezbollah.
Le sanzioni degli Stati Uniti eserciteranno una forte pressione sull’Iran, ma le deroghe temporanee già concesse da Washington a otto importatori di greggio iraniano (fra cui l’Italia) mostrano la difficoltà che gli Stati Uniti stanno incontrando nell’imporre un assedio economico. La dimostrazione di Trump della forza degli Stati Uniti potrebbe facilmente trasformarsi in una dimostrazione di debolezza.
Fonte: The Unz Review
Traduzione: Luciano Lago
Ammesso sia vera la presunta debolezza degli USA, qualora una superpotenza come quella americana, che ha fatto il bello e cattivo tempo negli ultimi due secoli, dovesse cominciare a scricchiolare, sarebbe (simile a un leone ferito) di una pericolosità inimmaginabile per l’intero pianeta.
non sarebbe un leone ferito, ma una gallina alla quale hanno tirato il collo. O, se preferisci restare sul maschilismo di Putin, un serpente al quale hanno schiacciato la testa