La successione a Napolitano: una questione essenziale per Washington

di Luciano Lago

Negli uffici di Washington in questi giorni gli osservatori segnalano un andirivieni di “advisors” esperti in questioni europee i quali hanno il compito di assessorare il Presidente sulle situazioni che stanno svolgendosi in Europa che sono fra le prime preoccupazioni del Presidente e dei suoi collaboratori in questo momento. Secondo informazioni attendibili sono state convocate varie riunioni, nello studio del Presidente Obama, alle quali erano presenti fra gli altri il segretario di Stato John Kerry , il vicepresidente Joe Biden, Victoria Nuland, assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed altri personaggi dello stretto entourage presidenziale.

Ci sono questioni molto importanti alla luce degli ultimi avvenimenti in Francia, con gli screzi registrati con alcuni paesi, relativamente al problema delle sanzioni alla Russia, ove si registra la ritrosia di alcuni paesi europei (prima fra tutti l’Ungheria, seguita della Serbia, dalla Repubblica Ceka e dalla Slovacchia), con anche la necessità di tenere sotto controllo la politica del governo tedesco, a volte troppo ondeggiante e condizionata da una opposizione interna crescente.

In particolare Washington ed ambienti dell’elite finanziaria che fanno capo ad organismi come il CFR (Country of Foreign Relations) , l’ FMI  ed altri, sono preoccupati dal consolidamento di forti movimenti di opposizione nei paesi europei, alcuni dei quali sono già stati infiltrati e controllati da agenti di Washington per indirizzarne le scelte politiche verso obiettivi concordati, come successo per i movimenti “arancioni”. Altri movimenti invece sono meno facilmente controllabili e questo sarà il compito della CIA, dell’USAID e degli altri organismi collegati ai servizi di intelligence, nel prossimo futuro: infiltrare, controllare, orientare e sorvegliare i leaders dei movimenti di opposizione. Quando necessario ci sono sufficienti fondi per comprare gli elementi più malleabili e abbastanza piombo per eliminare quelli un pò troppo ostici.

Qualora  risulti utile,  si possono architettare sistemi e provocazioni più complesse per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica e creare “false flags” mediante le quali ottenere gli obiettivi concordati. Il pericolo del terrorismo islamico è un ottimo strumento per condizionare le opinioni pubbliche e creare un clima di paura che porti l’opinione pubblica dei paesi europei a compattarsi in un “fronte democratico” filo atlantista” e filo israeliano in appoggio ai governi dei paesi NATO ed alle iniziative comuni prese dall’Alleanza per fronteggiare il pericolo o per “portare la democrazia” occidentale dove sia richiesto (l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia sono stati casi da manuale).

Si conta comunque, per queste operazioni, sulla complicità dei principali media in Europa, sempre proni alle direttive che arrivano da Washington, nel manipolare e distorcere le informazioni, come ampiamente dimostrato, ad esempio, nell’ultimo caso dell’abbattimento del volo della Malesia Airlines sui cieli dell’Ucraina.

Gli organismi di Washington dispongono di vari specialisti nei “lavori sporchi” o “inside jobs” e, quando necessario, li utilizzano. Il rischio è quello che ogni tanto qualcuno tradisca e parli, vuotando il sacco e rivelando tutti i segreti e le operazioni sporche ma si è pronti ad indicarlo come “pazzo o visionario”, come accaduto per Edward Snowden, rifugiatosi in Russia per evitare di essere eliminato in qualche “strano incidente” per mano di ignoti.

Attualmente la principale questione in Europa è quella di compattare il fronte dei paesi europei contro la Russia ed in appoggio al governo di Kiev, un governo totalmente manovrato da Washington che ha provveduto anche alla nomina diretta di alcuni ministri nella compagine di Poroshenko. Questo anche in vista della ripresa delle ostilità nel paese e della necessità di fornire appoggio militare all’Ucraina nella repressione delle province separatiste del Donbass, compito in cui si è registrato una forte difficoltà per le forze governative che hanno subito un imbarazzante rovescio militare, subito coperto però dai media atlantisti che hanno indicato la causa in una pretesa invasione dell’esercito russo, senza però documentare nè con video nè con foto l’ingresso dell’armata russa nel paese.

Attualmente ci sono altre questioni non da poco conto da mettere sotto controllo: le elezioni in Grecia, con il timore che le vinca la lista Tsipras che non sembra molto favorevole al mantenimento degli impegni presi con la Troika, necessario quindi infiltrarla ed orientarne le scelte in modo favorevole evitando brusche rotture.

L’altra questione spinosa è l’Italia: termina il mandato di Giorgio Napolitano, un personaggio che è stato un insostituibile caposaldo per Washington nel garantire il controllo dei governi (da lui nominati) che si alternano a Roma e che, grazie a lui, hanno sempre mantenuto gli impegni presi con la NATO, ha garantito la totale subordinazione dell’Italia alla politica degli USA, la cessione della sovranità nazionale e l’adeguamento ai vincoli imposti dalla Commissione Europea.

L’Amministrazione Obama non potrebbe tollerare in Italia, il paese delle 113 basi USA, al posto di Napolitano un altro personaggio che non sia altrettanto fedele esecutore delle loro direttive, come avvenuto ad esempio con l’operazione di intervento in Libia o come quando gli fu suggerito di far dimettere Berlusconi, troppo amico di Putin e pericolosamente vicino al leader russo nel problema del gasdotto South Stream che gli americani vedevano come il “fumo negli occhi”.

Inoltre Napolitano ha avuto la capacità di tenere sotto il suo controllo i governi ed ha istruito a dovere anche l’attuale presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di cui è stato tutore.

Per questo sembra che siano intercorse varie telefonate con la Angela Merkel e con Jean Claude Juncker, i due personaggi più a contatto diretto con Washington, in modo da preparare il campo per influenzare la prossima nomina designando un elemento che sia fiduciario di Washington e della Commissione Europea, come lo è stato egregiamente Giorgio Napolitano. Il compito sarà svolto con discrezione ma anche con determinazione, nell’indicare il “cavallo” favorito da Washington e da Bruxelles.

Esiste certo il problema di ridimensionare i movimenti di opposizione in Italia (come in Francia ed in altri paesi) o condizionarli in modo che non possano nuocere e non turbare l’equilibrio costituito e la fedeltà alle alleanze ed ai trattati internazionali. Questo diventa ancora più importante se si pensa che c’è in gioco la firma dell’Italia e degli altri paesi europei del Trattato Trans Atlantico ( TTIP) quello che assicurerà campo libero in Europa alle grandi corporations USA ed ai loro giganteschi interessi, figurarsi se Washington potrebbe tollerare uno strappo da parte dell’Italia su questo trattato. Per non parlare dell’aumento delle spese militari previsto in bilancio, a cui l’Amministrazione USA tiene molto, della partecipazione di forze militari italiane alla campagna anti russa (unità militari italiane della Marina sono già nel Baltico e nel Mar Nero). Esiste poi la spinosa questione del riconoscimento dello Stato Palestinese, questione che probabilmente è stata determinante per decidere l’ondata di attacchi terroristici degli integralisti islamici in Francia e probabilmente in altri paesi d’Europa. Washington e Tel Aviv si aspettano che l’Italia si astenga.

Da non tralasciare le guerre in Medio Oriente, dall’Iraq alla Siria, dove il Pentagono prevede di intensificare gli interventi e conta su una partecipazione NATO anche dell’Italia, che ha già inviato alcuni velivoli a seguito della “strana” coalizione che da una parte combatte i terroristi dell’ISIS e dall’altra li sostiene (come denunciato ultimamente anche da parlamentari iracheni). L’Italia è a tutti gli effetti un paese coinvolto e subordinato alla politica militarista della NATO e, nel caso che qualcuno volesse anche soltanto “parlarne”, sarebbe immediatamente messo a tacere. Forse per questo nessuna forza politica nel Parlamento ha mai osato mettere in discussione seriamente le alleanze, il coinvolgimento nella NATO e la politica estera italiana, sarebbe troppo impegnativo ed anche “pericoloso”.

In funzione di tutte queste importanti tematiche possiamo alla fine definire l‘elezione del prossimo Presidente della Repubblica Italiana una questione di grande importanza, molto delicata e con importanti risvolti internazionali. Sarà il prossimo presidente all’altezza delle aspettative di Washington e di Bruxelles ? Questa l’incognita.

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