Inizia la riconquista del Libano: “una rivoluzione colorata” a Beirut con la regia delle grandi potenze?


di Luciano Lago

Il momento della mega esplosione al porto di Beirut ha dato il segnale per la riconquista del Libano, obiettivo immediato delle grandi potenze, gli USA, Israele e Arabia Saudita. Circola la domanda: perché Macron è volato urgentemente a Beirut?
La Francia di Macron, come si è visto, ha voluto giocare d’anticipo, analogamente a quanto avvenne con l’operazione in Libia del 2011, questo spiega perchè il presidente francese Macron ha voluto urgentemente volare in Libano e fare la sua passerella a Beirut con le macerie del porto ancora fumanti. Lui, il francese, ha pensato di anticipare tutti e riportare il Libano, al vecchio status di colonia della Francia in Medio Oriente, sotto influenza francese stabilendo un protettorato di Parigi a Beirut. Tuttavia Macron non è il solo, dietro le quinte si muovono in modo piuttosto scomposto anche gli USA, Israele e l’Arabia Saudita.
Sembra piuttosto chiaro che, con il pretesto della mega esplosione nel porto di Beirut, le potenze esterne cercheranno di imporre il proprio controllo sul Libano in cambio di aiuti umanitari e di un eventuale ricostruzione dell’infrastruttura distrutta.


Ci sono poche illusioni in proposito ed è iniziato il gioco degli USA, di Israele e dell’Arabia Saudita, gli stessi che sono stati gli incendiari del Libano, nel proporsi come “pacificatori” e sostenitori della pacificazione e ricostruzione del paese arabo.
La visita del presidente francese Emmanuel Macron ha perseguito esattamente questo obiettivo. Insieme a un piccolo carico di aiuti umanitari, Macron ha portato alla leadership libanese un elenco dei suoi “desideri” riguardo la ridefinizione dell’influenza politica e della necessità di un cambiamento della compagine governativa (incluso il trasferimento di alcuni settori dell’economia sotto il controllo di Parigi), e alcune richieste fatte da Macron sono legate alla neutralizzazione di Hezbollah e dell’influenza iraniana.

Un cambiamento che naturalmente dovrebbe favorire prima di tutto gli interessi della Francia e in subordine quelli di Israele, degli USA e della Monarchia Saudita che da molto tempo cerca di allungare la sua influenza sul paese dei cedri.

Macron a Beirut


La strategia di queste potenze è quella di richiedere una internazionalizzazione della crisi in Libano mettendo il paese sotto il controllo di una sorta di “comitato” direttivo delle grandi potenze occidentali, inclusa l’Arabia Saudita e paesi del Golfo, quelli che potrebbero assicurare il finanziamento della ricostruzione.
A questo punto il gioco della destabilizzazione del Libano, iniziato già da ottobre dell’anno scorso con una serie di manifestazioni violente sobillate dagli agitatori esterni, a libro paga della CIA, del Mossad dei possenti servizi sauditi, è piuttosto chiaro.

Si tratta della abituale strategia del caos, la stessa messa in atto in Libia e in Siria con risultati diversi, il cui obiettivo è il rovesciamento del governio di Beirut e la neutralizzazione di Hezbollah, la bestia nera di Israele e del Dipartimento di Stato USA.
Così si comprende che le mega esplosioni del porto di Beirut non sono casuali, come tutta i media occidentali vorrebbero far credere, ma provocate, a prescindere che sia stato un missile israeliano o una bomba piovuta sul porto o innescata da sabotatori infiltrati, la mano che ha eseguito il “lavoro sporco” è piuttosto chiara ed è al 99% del Mossad.
A tale conclusione si arriva considerando anche le minacce esplicite proferite da Netanyahu solo pochi giorni prima di “punire il Libano e distruggere le sue infrastrutture“. Il piano era stato architettato da tempo e prevedeva di favorire il caos nel paese dei cedri e, dopo una crisi economica provocata dalle sanzioni ed embargo USA, creare un evento tipo 11 Settembre, per avere il pretesto dell’intervento internazionale sul Libano. Il tutto accompagnato da una massccia campagna mediatica occidentale e saudita per mettere sotto accusa Hezbollah quale responsabile delle disgrazie del Libano, di avere questo mantenuto i suoi depositi di armi nel porto e di causare l’instabilità e l’insicurezza nel paese.

Dimostranti a Beirut

Dopo aver drammaticamente peggiorato la situazione socio-economica in Libano, l’esplosione ha reso il governo ancora più vulnerabile ai donatori esterni che useranno questa nuova situazione per aumentare la pressione su Beirut e convincerla a fare le concessioni richieste nei negoziati con i creditori e il FMI.

Subito dopo la visita di Macron in Libano, lo stesso giorno, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha tenuto un discorso e ha respinto tutte le versioni del coinvolgimento del movimento nell’esplosione, e ha anche avvertito coloro che vogliono auspicare la neutralizzazione di Hezbollah, approfittando della situazione.

Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah


I media occidentali evitano di ricordare che il Libano è stato invaso già per tre volte negli ultimi anni da Israele e che nel 2006, nel corso dell’ultimo tentativo di annessione del sud Libano, il paese fu bombardato in modo indiscriminato dall’aviazione israeliana per 33 giorni con un altissimo numero di vittime civili e distruzione di abitazioni ed infrastrutture.
Fu Hezbollah in quell’occasione a fermare l’invasione ed a resistere in modo coraggioso al più potente esercito del medio Oriente. Pochi se lo ricordano ma la Storia è Storia e non si può cancellare.


Che sia in atto a Beirut una sobillazione esterna e che questa si svolge alla luce del sole da parte degli agenti provocatori è piuttosto evidente e prova ne sia che, nel corso delle ultime agitazioni di piazza in cui è stato ucciso anche un poliziotto libanese, sono comparse bandiere israeliane fra i manifestanti ed è stato appiccato il fuoco ad un pupazzo raffigurante il leader di Hezbollah, Nassan Nasrallah. Uno scenario simile a quello che si sta verificando ad Hong Kong, salvo le dovute differenze, la strategia del caos risulta analoga.

Alexander Zasypkin, l’ambasciatore russo in Libano, ha effettivamente confermato queste informazioni. Il diplomatico ha dichiarato che, sotto le spoglie di una politica umanitaria, “un paese senza nome sta cercando di interferire negli affari interni del Libano “, come era facile prevederee la conferma viene dagli sviluppi sul terreno del paese arabo martoriato.
La strategia di chi vuole la destabilizzazione del Libano è anche quella di provocare uno scontro fra i vari gruppi etnici presenti nel paese: quello cristiano maronita, quello sunnita e quello sciita principalmente, rompendo quella coesistenza pacifica che fino ad oggi aveva contraddistinto il paese multietnico dopo la fine della guerra civile.


Il Libano sarà una nuova Siria? Si vedranno in azione in Libano i gruppi dell’ISIS, quelli che erano stati bloccati e sconfitti da Hezbollah? Tutto è possibile quando si inseriscono le grandi potenze già esperte in sobillazione e caos nell’area medio orientale. La strategia del caos voluta da Washington e da Tel Aviv si estenderà anche al Libano.

Quello che gli altri non dicono

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