Il terrorismo come pretesto dell’ intervento neo coloniale USA

di Luciano Lago

Bisogna chiarire che la maggior parte di quella che viene denominata come “attività terroristica” è un prodotto derivato dalla espansione attuale del neoliberismo e dalla imposizione della dominazione statunitense sulle nazioni che erano al di fuori della sfera d’influenza occidentale.

Se analizziamo gli avvenimenti ed i conflitti che si sono succeduti nell’ultimo quindicennio nell’area medio orientale ed africana, possiamo constatare che traggono tutti origine da un piano che fu definito nel 1997 da una ristretto gruppo di esperti statunitensi neo conservatori (“neocons”), i quali avevano costituito un centro di studi (think-tank) conosciuto come “Project for the New American Century” (o PNCAC). Il loro obiettivo era la realizzazione di un Nuovo Ordine Unipolare dominato dagli Stati Uniti.

Questo gruppo arrivò al potere a Washington con la Presidenza di George Bush, quando molti di loro furono collocati in posizioni chiave nell’ambito di quella Amministrazione.
Del gruppo facevano parte Dick Cheney, divenuto prima vice presidente e poi segretario alla difesa, Lewis Libby, consulente alla sicurezza, Donald Rumsfeld, segretario alla Difesa, Paul Wolfowitz, segretario alla Difesa aggiunto, Eliot Abrams, membro del Consiglio di Sicurezza, John Bolton, sottosegretario al controllo armi, Richard Perle, ex funzionario del governo Reagan, Bruce Jackson, che assunse il’incarico di presidente del PNCAC dopo essere stato per due anni vice presidente della Locked- Martin (una delle più importanti fabbriche d’armi USA).

Non a caso nel corso di quella Amministrazione fu dato il via, nell’anno 2.000, ad un gigantesco programma di potenziamento militare e di ampliamento di basi militari in tutto il mondo per proiettare la potenza militare USA nei 5 continenti in forma massiccia (il programma si chiamava, ” Rebulding America’ Defense: Strategy Forces and Resources for a New Century”).  Mai come prima fu dato impulso ad un enorme programma di investimenti nel complesso militare industriale degli USA che apportò enormi profitti a tutte le società collegate con il Pentagono in cui transitavano, con incarichi milionari nei CDA delle imprese, molti dei componenti del PNCAC in un perverso intreccio di affari e politica.

Questo gruppo di esperti, come loro primo atto, spinse in maniera decisiva per un intervento militare diretto degli USA in Iraq e teorizzò la creazione di un protettorato USA nel paese da utilizzare come piattaforma di espansione e di interventi di Washington verso gli altri paesi della regione.
Il progetto per il ” Nuovo Secolo Americano” si proponeva di stabilire in tutto il pianeta la” Pax Americana”, ovvero una forma di dominazione USA su tutte le regioni del globo e di trasformare gli Stati Uniti (unica superpotenza in quell’epoca) in un Impero planetario imposto con la forza economica e con quella delle armi.

In quel periodo il giornalista Norman Podhoretz quantificò quello che era il piano di sviluppo del PNCAC ,segnalando che i governi che realmente gli USA avevano intenzione di rovesciare e di destabilizzarne i relativi paesi, non si limitavano a quelli considerati i tre componenti dell’ “asse del male”, identificati come l’Iraq, l’Iran e la Corea del Nord. La possibilità di intervento e di rovesciamento dei governi era espressamente prevista anche per la Siria, il Libano , la Libia, lo Yemen e la Nigeria, così come persino per quelli che potevano essere considerati “amici” degli USA come Mubarak in Egitto, l’autorità palestinese, persino la famiglia saudita, erano considerati oggetto di “un programma di modernizzazione dell’Islam” ritenuto necessario da molto tempo.

Per poter procedere al progetto delle guerre americane esisteva la necessità di una avvenimento chiave che potesse giustificare il ricorso all’intervento diretto in altri paesi e la sospensione delle garanzie dei diritti (V e VI emendamento costituzionale). Non a caso nello stesso programma veniva menzionato in una sola frase, un accenno alla necessità di creare un “evento catastrofico catalizzatore come avvenne per Pearl Harbor nel 1941”.

Esistono varie teorie su quello che avvenne davvero l’11 Settembre del 2001 ma di sicuro questo avvenimento ha avuto la stessa funzione che ebbe Pearl Harbor in quanto a spartiacque per interventi diretti degli Stati Uniti, con il pretesto della “guerra globale al terrorismo”, nei conflitti dall’Afghanistan, all’Iraq al Medio Oriente ed all’Africa, regioni dove erano in gioco gli interessi di dominio degli USA e di controllo delle risorse.

La “guerra globale al terrorismo” ha rappresentato non soltanto il pretesto ma anche la copertura ideologica per permettere gli interventi militari USA in Medio Oriente e la militarizzazione di regioni come l’Africa, richiesta per gli interessi imperiali statunitensi.

In effetti qualche analista ha osservato a ragione che la Guerra Globale contro il Terrorismo potrebbe essere interpretata anche come una estensione del mercato del sistema finanziario capitalista su regioni che ne erano rimaste in precedenza al di fuori. Vedi l’ingresso di organismi come FMI e Banca Mondiale in tutti i paesi africani che sono stati di volta in volta “attenzionati” da un intervento USA. Questi organismi svolgono il compito essenziale di finanziare lo sviluppo di questi paesi, dietro un programma di “privatizzazioni” delle loro risorse, sempre affidate a multinazionali anglo statunitensi, lasciando campo libero alle multinazionali anche per l’acquisto dei terreni e lo sfruttamento delle risorse naturali. Naturalmente il finanziamento produce il debito degli Stati ed i debito a sua volta produce la dipendenza di questi dalle centrali economiche e finanziarie sovranazionali. Un meccanismo ben collaudato nei paesi dell’America Latina.

Lo stesso presidente Bush aveva affermato spudoratamente che “l’Africa rappresentava un interesse strategico per gli USA dovuto alle risorse naturali in essa presenti pertanto si riteneva necessario avere il controllo della regione”. In realtà l’intervento nel contesto africano degli USA con la creazione di una forza di intervento denominata AFRICOM era stata in un primo momento coperta sotto la necessità di contrastare il terrorismo presente nella regione, un fenomeno che, secondo molti esperti, è stato “fabbricato” dagli stessi servizi occidentali per avere poi il pretesto degli interventi. Questa ad esempio la funzione del “Poactive Preemptive Operations Group”, P2OG, una organizzazione creata dal segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, per portare a compimento missioni segrete per stimolare reazioni nei gruppi terroristi, includendo incentivi per creare azioni terroristiche di disturbo. Vedi: Global Research

Così già dal 2003 fu lanciato dagli USA un programma contro il terrorismo nell’Africa Occidentale, nel marzo del 2004 le forze speciali statunitensi sono intervenute direttamente in una operazione militare nei paesi del Sahel contro un presunto gruppo Salafista per la predicazione ed il combattimento (GSPC), che figurava nella lista delle organizzazioni terroriste dirette segretamente da Washington. Gli USA avevano previsto già da allora la costruzione di una base militare propria in Santo Tomè e Principe che si sarebbe collegata con quella di Diego Garcia nell’Oceano Indiano. Questo nell’ambito del controllo della costa occidentale africana e della rotta trans africana del petrolio.

Una di queste azioni “coperte” per stimolare una reazione, fu quella che si attuò ad esempio nel Sahara algerino nel 2003, con il sequestro di 32 turisti europei da parte di un fantomatico gruppo terrorista collegato ad Al Qaeda. In realtà si seppe dopo che tutta l’azione era stata progettata da un agente dei servizi algerini collegato con la CIA. Questa operazione fu utilizzata come “false flag” per lanciare una campagna contro il terrorismo sul nuovo fronte del Sahara Sahel, con controllo militare della zona.
Non a caso, trascorsi 10 anni da quella operazione, tutta quell’area che non era sotto controllo occidentale, grazie alla “guerra globale contro il terrorismo” ,si trova attualmente sotto il controllo militare di forze francesi, oltre 4.000 uomini delle forze speciali francesi che operano in Mali, in Niger ed in Ciad con un totale di 10.000 militari francesi, più alcune centinaia di istruttori militari americani, francesi e britannici ed un corpo di spedizione di 8.000 caschi blu dell’ONU dislocati nella regione.

La guerra neocoloniale nell’Africa Occidentale ha già fatto diverse migliaia di vittime e tutti coloro che cercano di resistere a questa invasione sono inevitabilmente qualificati come “terroristi”.
Esistono forze di resistenza che si sono organizzate per combattere e difendere i diritti delle popolazioni locali, la loro cultura originaria contro l’invasione e lo sfruttamento delle terre da parte delle multinazionali arrivate a seguito dei nuovi neo colonizzatori. Si tratta a volte di comitati popolari e milizie armate, quasi sempre poco organizzate ed armate in maniera posticcia che si sono cimentate in insurrezioni spontanee, quasi sempre terminate nel sangue: si potrebbe fare l’esempio dalla Resistenza Saharaui che opera nella parte occidentale del Sahara, si possono citare anche la resistenza delle popolazioni locali del Ciad contro la realizzazione dell’oleodotto Ciad-Cameron, imposto sulla regione con gravi danni all’ambiente ed alla fauna, similmente è degna di nota la resistenza delle popolazioni africane di Mauritania e Senegal che si oppongono all’esproprio delle terre per conto delle multinazionali. Epica la resistenza dei gruppi libici pro Jamahiriya, seguaci del defunto leader Gheddafi, che operano all’interno della Libia combattendo contro le bande jihadiste armate dalla NATO, che hanno destabilizzato il paese riducendo quello che era il paese più prospero dell’Africa ad una terra di nessuno dove si svolgono conflitti fra bande e signori della guerra. Vedi: Libia ieri ed oggi: uno sguardo d’insieme

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Si assiste ad una lotta disperata di gente attaccata alla sua terra che non vuole arrendersi e non si lascia sopraffare. Persone che dispongono di qualità umane fondamentali che sono state perse dagli occidentali, legate a usanze ancestrali che non vogliono rinunciare alla loro cultura e lottano per i loro diritti umani, di indigeni, diritti alla proprietà della terra che coltivano, diritto ad avere un governo giusto che rispetti le loro comunità. Si trovano di fronte a governi che sono agenti del sistema neoliberista, regimi autoritari e repressivi preoccupati solo della propria sopravvivvenza che sono al soldo degli interessi dei neocolonizzatori.

Tutti episodi che vengono catalogati come “terrorismo” dai teorici della globalizzazione e dagli esponenti della società neoliberista occidentale, i quali predicano l’accesso ai mercati come grande conquista di “progresso” per quelle popolazioni occultando le forme di sfruttamento e di emarginazione che questo comporta.
Gli Stati Uniti ed i paesi occidentali hanno hanno trasformato il pacchetto di norme anti terrorismo per utilizzarle come una clava contro qualsiasi persona o gruppo che si opponga al sistema neo liberista, motivo per cui sempre più individui, emarginati delle aree più povere, sono considerati come “terroristi” senza alcuna copertura giuridica alla loro opposizione.

Di fatto il sistema mondialista dominato dagli USA, si è occupato di cancellare giuridicamente ogni distinzione tra “terrorismo” e conflitto armato per evitare di attribuire uno status alle lotte di liberazione nazionale.

Nella foto in alto: guerriglieri del Fronte Polisario nel Sahara occidentale

Nella foto al centro: miliziani della nuova Jamahiriya in Libia

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