Il fallimento del piano USA-Israle in Siria spinge Trump a delegare all’Arabia Saudita il ruolo di destabilizzatore nel Medio Oriente

Il partner strategico degli USA e di Israele in Medio Oriente assume il compito di proseguire le strategie del caos

di Luciano Lago

Non deve ingannare il recente annuncio del presidente Donald Trump di procedere al ritiro del contingente USA dalla Siria. Il fatto che gli statunitensi ritirino una parte delle loro truppe dal teatro siriano costituisce una mossa propagandistica ad uso interno (in vista delle elezioni ) oltre che un tentativo di distrarre dal cambio di strategia adottato da Washington in Siria ed in Iraq.
Visto che risulta impossibile per Washington ottenere il controllo diretto della situazione che è ormai irrimediabilmente sfuggita di mano agli USA, Trump dietro le quinte, attraverso la mediazione di Mike Pompeo lascia all’Arabia Saudita, quale principale alleato USA nel mondo arabo, il compito di procedere alla destablizzazione dei paesi ostili del Medio Oriente e nel disegno di contrastare l’influenza dell’Iran e dell’asse della Resistenza nel contesto regionale.
Il sostegno di Trump per l’Arabia Saudita viene rafforzato, nonostante lo scandalo Khasoggi e in contraddizione con tutti i rapporti che indicano come l’Arabia Saudita si il paese che fomenta il terrorismo islamista e mette a rischio milioni di vite umane.
Nelle scorse settimane , sia Trump, sia il segretario di Stato Mike Pompeo hanno dichiarato di voler escludere che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman possa essere “ritenuto responsabile tutti coloro che sono coinvolti nell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi .” Questo nonostante una settimana prima il rapporto della CIA aveva concluso che il principe ereditario aveva ordinato l’omicidio. Ancora prima di leggere il rapporto, il presidente Donald Trump aveva rilasciato una dichiarazione straordinaria schierandosi con il regno contro le indicazioni delle sue stesse agenzie di intelligence, speculando “potremmo non sapere mai tutti i fatti” sull’omicidio, e insistendo che gli Stati Uniti “intendono restare un partner stabile dell’Arabia Saudita Arabia.” Una posizione che ha esposto il presidente Trump alle critiche feroci in patria ed all’estero.

Nel frattempo, nello Yemen, l’esercito saudita sta perpetrando una delle peggiori crisi umanitarie della storia degli ultimi anni . Mentre Trump chiacchiera tra le miti richieste di un cessate il fuoco e l’adulazione del “nostro alleato veramente spettacolare”, il principe Mohammed Bin Salman risulta che si sia vantato di avere in tasca il genero e il consigliere del Medio Oriente di Trump, Jared Kushner “.

Nella realtà dei fatti, la Monarchia Saudita, con l’omicidio Khasoggi, ha gettato la maschera ed ha rivelato il suo volto sanguinario di cui gli USA e l’Occidente fingerva di non accorgersi.
L’Arabia Saudita , già da tempo avvertita da molti come un partner statunitense problematico, si è rivelata per quello che è: uno stato una canaglia che utilizza l’assassinio degli oppositori ed il genocidio come strumenti di potere e che si avvantaggia dall’ostinato appoggio di Washington. Appoggio che oggi, agli occhi di una buona parte di opinione pubblica, appare sempre più indifendibile.

Se la nuova maggioranza democratica al Congresso vuole attaccare le posizioni in politica estera di Trump, per non parlare degli interessi nazionali americani, questo attacco potrebbe iniziare mettendo in questione il sostegno USA al regime assassino di Riyad. Sono però in molti a dubitare che questo avvenga, visti i profondi legami di interrelazione e di business che collegano Washington con Riyad.

Le complicità di Washington nel genocidio che l’Arabia Saudita sta conducendo nello Yemen, sono note e comprovate. Non a caso, alcune delle bombe lanciate sui poveri yemeniti – compreso lo scuolabus dove 40 bambini sono morti nell’agosto 2018 – sono state fatte in America. Così erano gli aerei da cui sono state lanciate le bombe sulle abitazioni civili, sulle scuole, sugli ospedali e sui mercati. Dichiarato è il supporto logistico e di intelligence che gli USA forniscono alle forze saudite nella loro campagna miltare contro lo Yemen.
Qualsiasi leadership morale che gli Stati Uniti possano ancora voler rivendicare a livello internazionale viene vanificata dalla sponsorizzazione da parte di Washington di un regime che terrorizza i suoi vicini e causa distruzione e genocidio in uno dei paesi più poveri del mondo.
Qualcuno potrebbe chiedersi (ingenuamente) come sono finiti gli Stati Uniti in questa alleanza nefasta con l’Arabia Saudita e perché lo stesso Donald Trump abbia scelto Riyad come meta del suo primo viaggio all’estero come presidente.

Proteste contro l’Arabia Saudita


Il momento in cui gli USA hanno iniziato l’alleanza con i monarchi sauditi al fine proteggere gli interessi di questa dittatura teocratica che imprigiona i suoi critici, cerca di chiudere i media indipendenti, detiene il primo ministro di un alleato degli Stati Uniti ed esporta una marca di estremismo islamico appena distinguibile da quella dell’ ISIS, non è di questi ultimi anni ma risale al motivo stesso per cui fu creata la dinastia saudita e messa al potere dall’Impero britannico agli inizi dello scorso secolo con il compito di guardiano degli enormi giacimenti petroliferi.
Gli esperti di politica estera statunitense in modo equanime danno tre ragioni principali per cui gli USA continuano a dare supporto all’Arabia Saudita: petrolio, Iran e terrorismo. Nessuno di questi sembra plausibile.
1) Petrolio– Innanzitutto, grazie ai progressi nel fracking, gli Stati Uniti hanno superato la Russia e l’Arabia Saudita come il principale produttore mondiale di petrolio . La preoccupazione per gli embarghi petroliferi arabi è questione del secolo scorso. Il Canada ora vende agli USA quattro volte più petrolio di quanto non faccia l’ Arabia Saudita . Il petrolio dell’Arabai S. in definitiva è oggi utile ma non più indispensabile.
2) Iran– Alcuni analisti suscitano allarme sostengono che l’Iran abbia intenzione di dominare il Medio Oriente nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero ritirare il sostegno militare per l’Arabia Saudita. Una pura montatura questa facilmente confutabile. Come sottolinea Stephen Walt dello Harvard Institute, le spese per la difesa di Egitto, Israele, Arabia Saudita, Giordania e Emirati Arabi Uniti sono, in aggregato, “almeno cinque volte superiori a quelle dell’Iran”, gli Stati Uniti probabilmente appoggerebbero uno di questi paesi se attaccati e così l’argomento che l’Iran “sia sull’orlo dell’egemonia regionale sfida qualsiasi logica”.
3) Terrorismo– L’argomento ancore più risibile è l’idea che l’Arabia Saudita sia un baluardo contro il terrorismo. Ancora l’anno scorso, uno studio britannico ha scoperto che l’Arabia Saudita svolge un ruolo chiave nella radicalizzazione dei musulmani con l’esportazione dell’ideologia wahabita, la stessa dell’ISIS.. L’influenza wahabita, alimentata dal denaro del petrolio, può essere vista anche in Europa e in particolare, in Germania e nel Regno Unito, afferma la ricercatrice Susanne Schröter che ha partecipato allo studio per conto della britannica “Henry Jackson Society”, un think tank, ha pubblicato un rapporto sui finanziamenti stranieri per i rami estremisti dell’Islam in Gran Bretagna.
Dall’Arabia Saudita, materiale di propaganda e competenza organizzativa vengono inviati insieme al denaro. Le persone vengono assunte per costruire moschee, istituzioni educative, centri culturali e organizzazioni simili, in modo che la teologia wahhabita possa raggiungere il pubblico – con grande successo .

Mike Pompeo con i sauditi


Il risultato è che, in molte parti del mondo, una forma radicale di Islam sta prendendo il sopravvento . I sauditi hanno iniziato a promuovere il wahabismo attraverso intermediari e organizzazioni come la “World Muslim League” in diversi paesi in Asia, Africa e in alcune parti d’Europa – ad esempio, nell’ex Jugoslavia dove musulmani e cristiani combatterono l’uno contro l’altro nella guerra civile. I wahabiti considerano attualmente il Kosovo, dove esiste un loro centro di reclutamento, una porta girevole fra Europa e Medio Oriente. Un territorio sotto protezione della NATO.
La radicalizzazione dell’Islam non avviene solo nel mondo arabo ma è arrivata perfino nel sud-est asiatico. Nel sud della Thailandia, nelle Filippine, in Indonesia e a volte in Malesia, veniva praticata una versione molto più aperta e molto più tollerante dell’Islam. C’è stato uno sviluppo drammatico verso il radicalismo negli ultimi tre decenni. È perfettamente chiaro che questo sviluppo è stato incoraggiato dal denaro saudita. Inoltre, i giovani intellettuali sono stati reclutati con generose borse di studio nelle università saudite. Queste persone ritornano nelle loro case dopo aver studiato nelle università saudite e svolgere improvvisamente il lavoro missionario wahabita in tutti i loro paesi d’origine.
Tutto questo spiega come l’Arabia Saudita sia il partner ideale ed irrinunciabile nella strategia di Washington e di Tel Aviv di seminare il caos e la destabilizzazione nei regimi dichiaratamente ostili al dominio USA e considerati un pericolo per Israele: dalla Siria al Libano, dall’Iran all’Iraq sciita.
Sarà Rijad con i suoi soldi e le sue risorse a continuare l’arruolamento di mercenari fra gli jihadisti provenienti da tutti i paesi attraverso i centri di reclutamento creati nei paesi arabi come anche in Pakistan, in Afghanistan, nel Kosovo, in Bosnia, ed in Turchia, gli stessi centri (ben conosciuti dai servizi di intelligence anglo USA) che hanno arruolato, in questi anni, decine di migliaia di mercenari andati a combattere in Siria e molti dei quali, fra quelli sopravvissuti alla guerra, sono rientrati nei loro paesi in attesa di nuovi incarichi aspettando di continuare a percepire i salari pagati attraverso gli emiri del Golfo.

Mike Pompeo ha voluto assegnare il “lavoro sporco” al principe Bin Salman, il quale, con la gratitudine di non essere stato messo da parte da Washington, saprà ripagare l’Amministrazione Trump con i suoi servizi cercando di fare del suo meglio per far procedere il piano del caos elaborato dagli strateghi neocon della Casa Bianca.
Tutto come prima per i monarchi sauditi, sicuri della copertura anglo USA e nella assoluta certezza di rimanere sempre impuniti per i loro crimini.

7 thoughts on “Il fallimento del piano USA-Israle in Siria spinge Trump a delegare all’Arabia Saudita il ruolo di destabilizzatore nel Medio Oriente

  1. E la Russia continua a dialogare con Sunniti e Sciiti, gli USA li dividono, la Russia desidera il dialogo tra i due movimenti, come del resto la Russia desidera il dialogo tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa. Gli USA dividono per Imperare, la Russia unisce per Resistere. Certo sono sempre strategie mosse da interessi, ma alla Russia non resta altra strada che quella del dialogo tra attori religiosi diversi. Alla fine della storia la Religione anima energie immense nel mondo, gli arabi i cattolici/ortodossi, gli ebrei…..gli indiani….i cinesi….ma la Geopolitica religiosa è Araba(sciiti-sunniti), Cristiani(Cattolici e ortodossi…), Ebraismo, tutto il resto poca forza nel Mediterraneo, luogo dove tutto è iniziato e tutto si trasforma o in Inferno o in Paradiso.

    1. LA RUSSIA NON POTEVA AGIRE DIVERSAMENTE. TUTTA QUESTA GENTAGLIA USCITA DALLE CARCERI DI CHISSA’ DOVE, I PEGGIO DELINQUENTI DEMONI E CRIMINALI DA TUTTO IL MONDO, GLI SAREBBERO ENTRATI IN CASA

  2. https://www.maurizioblondet.it/siria-limmane-costo-del-jihad-nato-wahabita/?fbclid=IwAR2kXlOBatidOgBw66xrgCAGCIQU2yFwit9KQmAzjZ2HDWIymR4DK9aNt-4

    ” Possiamo dunque valutare che il governo e l’armata legittima siriana hanno avuto di fronte un mezzo milione di uomini, reclutati da dozzine di diverse nazioni, dotati di 1200 corazzati.
    Il doppio o quasi dei 285 mila della Sesta Armata della Wermacht, che conquistò l’Europa e finì a Stalingrado, dove si arresero 106 mila uomini (e ne tornarono 60 mila).

    Quanto ciò è costato ai regni wahabiti , lo si può indovinare dall’unica cifra confessata dall’emiro del Qatar, Hamad Al-Thani: in una intervista disse che lui e i Friends of Syria avevano sborsato 137 miliardi di dollari. Ed era il 2015. Questa cifra è circa un terzo di ciò che l’Arabia Saudita spende per il suo shopping di armamenti dal sistema militare industriale americano”.

    Israele vuole $ 250b per gli ebrei costretti a lasciare i paesi arabi

    Per rientrare nelle spese, lo Stato d’Israele ha trovato una via migliore.
    “Si prepara a chiedere un risarcimento per un totale di 250 miliardi di dollari da sette paesi arabi e dall’Iran per proprietà e beni lasciati dagli ebrei costretti a fuggire da quei paesi in seguito all’istituzione dello stato di Israele”. Lo annuncia Times of Israel “

  3. Considerando le cose , sarebbe ora di destabilizzare efficacemente fino al collasso totale america e saudi arabia, servendogli la loro minestra preferita e ben condita, così staranno tranquilli per un pezzo

  4. A proposito dei risarcimenti, direi che la colpa é stata di chi ha fondato lo stato di israele, altrimenti quella gente non si sarebbe mai mossa dai luoghi dove era abbandonando i loro beni, non sono stati cacciati via ma hanno scelto di vivere tutti uniti anche sollecitati a entrare nel nuovo stato, quindi di quali risarcimenti parliamo. E’ normale che hanno lasciato le loro case dal momento che non erano roulotte che potevano portarsi dietro.

    1. questi sono solo gli ultimi latrati di cani feriti, la Russia li tiene sotto tiro di armi nucleari. Per questo fanno di queste ‘sparate’. I giudei ultimamente sono un po’ nervosi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Quello che gli altri non dicono

© 2023 · controinformazione.info · site by madidus