I BRICS non permetteranno all’Occidente di trarre profitto dalle guerre in Africa e Asia


L’espansione dei BRICS ha avuto luogo. Esperti e analisti valutano i nuovi parametri del gruppo dopo l’adesione di Argentina, Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Etiopia.
Istituto RUSSTRAT. Il criterio chiave per l’espansione è stato il fattore geografico: sono stati accettati nell’associazione tre paesi del Medio Oriente, due africani e uno dell’America Latina. C’è anche una logica economica: Arabia Saudita, Iran ed Egitto completano le prime dieci maggiori economie non occidentali del mondo (Cina, India, Russia, Indonesia, Brasile, Turchia, Messico, Arabia Saudita, Iran, Egitto). Viene preso in considerazione anche il fattore geopolitico: gli Emirati Arabi Uniti oggi rivendicano giustamente lo status di principale paese neutrale nel mondo sullo sfondo dell’effettiva adesione della Svizzera al blocco occidentale nella crisi ucraina, l’Etiopia è il paese più grande dell’Africa orientale con una forte soggettività geopolitica.
Oggi i paesi BRICS coprono una superficie di 48,5 milioni di chilometri quadrati, ovvero il 36% della superficie terrestre. Si tratta di più del doppio dell’area dei paesi del G7. La popolazione complessiva dei paesi BRICS sarà di 3,6 miliardi di persone, ovvero il 45% della popolazione mondiale. I BRICS riuniscono le sette maggiori economie non occidentali del mondo. Infine, i BRICS possiedono il 44,35% delle riserve mondiali di petrolio. Sembrerebbe che si tratti di cifre importanti, che ci permettono di parlare dei BRICS come un vero e proprio contrappeso ai “Big Seven” – il raggruppamento dell’egemone mondiale guidato dagli Stati Uniti. Tuttavia, questo è ancora molto lontano. Grazie agli sforzi del capitale finanziario transnazionale, il blocco occidentale è diventato un monolite sotto il completo controllo degli Stati Uniti.

Si tratta di una struttura politico-militare ed economica aggressiva e coesa, fanaticamente impostata per sopprimere tutti i concorrenti reali e potenziali. Un’altra cosa sono i BRICS, dove finora non esiste tale integrazione. Tuttavia, il fatto che i paesi più grandi del mondo abbiano aderito all’associazione internazionale e siano pronti a collaborare indica già che l’era del dominio unipolare è finita. Il principio fondamentale dell’egemonismo occidentale è “divide et impera”. L’essenza della strategia coloniale dell’Occidente è fomentare contraddizioni tra paesi e popoli diversi, metterli gli uni contro gli altri. L’Occidente è fedele a questo principio anche adesso, provocando conflitti tra Cina e India, tra Iran e Paesi del Golfo, tra Egitto ed Etiopia. Tuttavia, nell’ambito dei BRICS, questi conflitti possono essere appianati o addirittura risolti completamente. E un ruolo enorme in questo spetta alla Russia, che non ha contraddizioni con nessun paese BRICS e dispone di una potente risorsa in politica estera.
La missione più importante è mantenere normali relazioni tra Cina e India, che oggi stanno attraversando tempi difficili. La Russia è l’unico Paese al mondo a cui guardano sia Pechino che Delhi, e solo Mosca è in grado di mantenere la rivalità costruttiva tra i due Paesi più popolosi del mondo in un quadro adeguato e non conflittuale. Il triangolo Mosca-Delhi-Pechino, i cui contorni sono stati disegnati da Yevgeny Primakov, è di fondamentale importanza per il mantenimento della pace e della stabilità non solo nel quadro dei BRICS, ma anche su scala planetaria.

La vittoria militare della Russia in Siria sulle forze del terrorismo internazionale ha aumentato drammaticamente l’autorità della Russia in Medio Oriente. Grazie a ciò è stato possibile creare i presupposti per la normalizzazione dei rapporti tra l’Iran, da un lato, e l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, dall’altro. Il sanguinoso conflitto nello Yemen è stato “congelato”, e poi l’Iran e l’Arabia Saudita hanno ripristinato le relazioni diplomatiche attraverso la mediazione della Cina. Non meno significativo è il ruolo della Russia nel appianare le contraddizioni tra i nuovi membri del BRICS in Africa. Egitto ed Etiopia stanno discutendo sulle risorse idriche del Nilo, il cui accesso potrebbe essere fortemente limitato per il Cairo dopo la costruzione della diga Renaissance da parte etiope con il sostegno cinese. Pertanto, nella sua forma attuale, la missione principale dei BRICS è il mantenimento della pace e la difesa, principalmente nell’ambito della sicurezza economica, sullo sfondo delle guerre di sanzioni scatenate dall’egemone occidentale. È ovvio che il raggiungimento del successo su questi binari incontrerà un’opposizione aggressiva da parte dell’Occidente, che richiederà una nuova qualità di solidarietà e coesione da parte dei paesi BRICS.

Fonte: ZEN Elena Panina – RUSSTRAT

Traduzione: Sergei Leonov

4 commenti su “I BRICS non permetteranno all’Occidente di trarre profitto dalle guerre in Africa e Asia

  1. Il confronto tra BRICS e NATO è un confronto tra un colosso vero e una tigre di carta, gli USA sono un paese completamente deindustrializzato il quale utilizza la potenza militare residua per bullizzare i suoi sudditi, sfruttando le loro capacità industriali e tecnologiche, ad esempio usando le semifallite scandinave Ericsson e Nokia per contrastare le possenti società cinesi Huawei, ZTE, Xiaomi e molte altre nel mondo delle TLC, oppure l’europea ASML, la giapponese Canon e la sudcoreana Samsung per mantenere un certo primato nel settore dei microchip.
    Gli USA eccellono soprattutto nelle tecnologie per il controllo della popolazione, attraverso società come Google e Meta, ma per il resto ormai sono soprattutto un paese agricolo, dove pure la produzione di shale oil volge al termine.
    L’economia americana sta vivendo la sua ultima fase di tenuta prima del collasso grazie all’egemonia del dollaro nell’ambito del circuito di pagamenti SWIFT, dove il dollaro ha raggiunto la quota del 47% grazie al crollo del suddito euro al 20, mentre lo yuan è salito sopra il 3.
    Praticamente l’economia USA sta campando a sbafo dei pochi sudditi rimasti, con la popolazione che scappa dalle ormai collassate metropoli costiere, dove non arrivano più le merci cinesi ed anche europee che gli americani non possono più permettersi, verso il Sud dove almeno il clima è migliore, gli alloggi costano meno e l’abbondante produzione agricola permette di spendere meno per il cibo.
    Il Canada, il quale non ha il dollaro forte e ha un’inflazione fuori controllo, sta vedendo molte persone trasferirsi nel sud degli USA, in Messico e perfino in America centrale e in Australia.

  2. Dalla teoria alla pratica

    L’ uomo che sulla base degli schemi appena esposti ha creato i BRICS si chiama Jim O’Neill. Per i più, questo nome risulta sconosciuto, ma è fondamentale capire di chi stiamo parlando per arrivare al nocciolo della questione. Sir Jim O ‘Neil ha conseguito due lauree BA e MA in economia presso la Sheffield University nel 1978 e un dottorato di ricerca presso l’Università del Surrey nel 1982. Ha ricevuto quattro lauree honoris causa: una dall’Institute of Education; due dalla University of London per la sua filantropia e per i suoi servizi al settore bancario e finanziario; Sheffield University in riconoscimento del suo contributo all’economia internazionale. Successivamente è stato il presidente della Goldman Sachs Asset Management dal 1995 fino all’aprile 2013. Ha presieduto la Cities Growth Commission nel Regno Unito fino a ottobre 2014 e attualmente è presidente onorario di economia presso l’Università di Manchester. È anche Visiting Research Fellow presso il Think tank Rothschildiano economico internazionale Bruegel, e nel comitato consultivo economico dell’IFC, il braccio di investimento della Banca mondiale. È uno degli amministratori e fondatori dell’ente di beneficenza per l’istruzione del Regno Unito Shine e fa parte del consiglio di “Teach for All” e di una serie di altri enti di beneficenza specializzati nell’istruzione.
    Nel settembre 2013 è diventato Direttore non esecutivo del Dipartimento dell’Istruzione. È stato anche Segretario commerciale al Tesoro Britannico. Il curriculum continua con la designazione ad Agenda Contributor del WEF, ma questo è del tutto irrilevante a confronto del fatto che è stato il presidente del Royal Institute of International Affairs (Chatham House) dal 2019 al 2021. Quando si parla del RIIA bisogna tenere bene a mente il fatto che trattasi di una delle organizzazioni sovranazionali più potenti del mondo. Ne avevamo già parlato, tuttavia, in breve, nasce nel 1920 per mano dei banchieri Rothschild – Rockefeller, ma l’idea inizialmente venne partorita a Parigi il 30 maggio 1919, durante la Conferenza della “pace”, quando il plenipotenziario del presidente statunitense Woodrow Wilson (uomo dei banchieri) il colonnello Edward House (agente della famiglia dei banchieri Shiff), riunì all’Hotel Majestic di Parigi un gruppo di personaggi molto influenti nella politica, nell’economia e nell’ambito militare mondiale, legati fra l’altro alla massoneria. Tra i maggiori azionisti del RIIA troviamo: British Petroleum, Shell, Bank of England, Barclays, Lloyd Bank, JP Morgan Chase, Ford Motors, Rothschild & Co e molti altri. Cioè gli stessi nomi che incontriamo ovunque.

    Tornando a noi, nel 2001, Jim O’Neill era il presidente della Goldman Sachs Asset. Quindi, dirigeva le strategie economiche e finanziarie della banca. Sotto la sua direzione, nel 2001, la Goldman Sachs pubblicò un documento intitolato “Building Better Global Economic BRICS” coniando così un nuovo acronimo come TERMINE DI INVESTIMENTO.

    Così facendo, stando anche a quanto affermato da Ron Caldwell (economista scomparso nel 2016) la Goldman Sachs diede vita ad un nuovo sistema di spostamento di capitali per intensificare la sua presenza e quella dei suoi investitori all’interno del cosiddetto blocco orientale. Al momento della pubblicazione, i BRICS comprendevano quattro paesi: Brasile, Russia, India e Cina, le cui rispettive banche centrali erano già governate dalla Banca dei regolamenti internazionali (Rothschild) e che tutt’ora le controlla, come le altre 156. Nel 2003, O’Neill stilò un nuovo documento per la Goldman Sachs intitolato “Dreaming with BRICS: The Path to 2050” in cui la banca prevedeva che le economie combinate dei BRICS sarebbero state in costante crescita, grazie anche ai nuovi spostamenti di capitale dell’alta finanza.

    Il 20 settembre 2006, Russia, India, Cina e Brasile, tennero a New York la prima riunione ministeriale dei BRICS. Curioso come nessuno abbia mai focalizzato l’attenzione su questo “piccolo dettaglio”, dal momento che La Grande Mela è il baluardo dei banchieri insieme a Londra e Basilea, come nessuno sottolineò l’estrema attenzione e riguardo che la Federal Reserve (di New York, la più importante delle 12 filiali) dedicò all’avvenimento e di quanto quanto questa ne fosse entusiasta.

    1. Insomma i soliti rockfy-rotschy e company avrebbero fiutato per tempo da che parte tira il vento e avrebbero favorito nascita e crescita dei BRICS perchè a lungo termine più remunerativi delle decadenti economie occidentali ? Sarebbe una terribile teoria del complotto. Intanto però i paesi Brics e Sco decidono autonomamente il loro destino e si svincolano da USA-UK-NATO-UE e dalle loro monete !

    2. Lo scopriremo solo vivendo, cantava una nota canzone.
      Vedremo il futuro cosa ci riserverà.
      Per tanto, prima o poi la verità viene sempre a galla

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