Dalla parte del torto. La polizia del pensiero e le forbici sulla libertà
L’ipocrisia del cerchio magico e le armi dei nuovi moralisti
di Roberto Pecchioli
Ci siamo seduti dalla parte del torto…
Ci siamo seduti dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati
Roma – di Roberto Pecchioli – La frase è attribuita a Bertolt Brecht, il drammaturgo tedesco campione della Germania Est, comunista ma assai attento al portafogli, reso celebre in Italia dal Piccolo Teatro di Giorgio Strehler. Prendiamolo in parola, l’autore dell’Opera da tre soldi, rilevando che la sua osservazione sembra la storia di chi, in Italia ed in Occidente, non condivide idee, luoghi comuni, superstizioni dell’ampia galassia progressista sostenuta dalle oligarchie di potere.
La cronaca è sempre più ricca di esempi sconcertanti: la denuncia dinanzi all’ordine professionale della stessa categoria di un medico accusato, udite, udite, di aver affermato che i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre. Potremmo continuare con il pubblico ludibrio di chi non è convinto dell’utilità di alcune vaccinazioni obbligatorie, con tanto di sanzioni pesantissime ai genitori “renitenti”, minacciati della privazione della potestà genitoriale, e radiazione dall’Ordine professionale per i medici refrattari. E poiché sia più evidente la manifesta inutilità degli ordini: ci viene adesso la notizia dei sei mesi di sospensione dall’Ordine dei Giornalisti comminata a Padre Livio Fanzaga, il dominus di Radio Maria, la più ascoltata emittente cattolica. Il prete bergamasco ha pagato per un’accusa surreale:
ha infatti affermato di temere per il destino eterno dell’anima
della molto onorevole e democratica signora Cirinnà,
la madre della legge che ha autorizzato in Italia le cosiddette unioni civili
tra persone dello stesso sesso,
ovvero le simil nozze omosessuali.
La stampa italiana, con il consueto coro sguaiato, superficiale e conformista disinforma i lettori asserendo che Don Livio “ha augurato la morte “alla povera vittima. Falso: nella piena ortodossia della sua fede (quella della chiesa di rito romano, non argentino), il prete ha rammentato alla riccioluta onorevole – madre, tra l’altro, di figli non umani, come afferma orgogliosa sul suo sito personale – che dopo la morte (il più tardi possibile, si affrettò a chiarire) affronterà il giudizio di Dio. Nulla di strano per chi crede, e neppure per gli altri, che potrebbero tutt’al più sorridere per le curiose convinzioni del fondatore di Radio Maria. Niente da fare, sei mesi di sospensione dall’Ordine, peraltro già scontati.
Chi sono gli intolleranti?
Sarebbe facile quanto sciocco o sterile ricordare a Padre Livio che chi di censura ferisce, di censura perisce, giacché nel 2014 un noto intellettuale cattolico, Roberto De Mattei venne sbrigativamente escluso da Radio Maria per un articolo su un’agenzia di stampa, Motus in fine velocior, in cui esprimeva perplessità sull’operato di Jorge Mario Bergoglio. Beghe interne, tutto sommato, di cui merita occuparsi per un unico motivo, quello del nostro titolo: la parte del torto così scomoda, eppure così affollata da chi non si piega al corso del politicamente corretto, e tanto pericolosa nonostante le continue attestazioni di libertà, democrazia, tolleranza della sedicente società aperta. La libertà, nella società aperta, la tagliano a fettine con le forbici. Vediamo allora di usare nei suoi stessi confronti, rovesciandoli, gli argomenti di cui si ammanta. Karl Popper, suo gran teorico, scriveva che la società aperta deve essere ben chiusa ai suoi nemici, i violenti e gli intolleranti. Magnifico programma, a patto di definire le due categorie. Per i violenti sembra tutto facile, è ovvia la repulsione nei confronti di chi esercita coazione fisica, terrorismo e simili. Ma chi sono gli “intolleranti”? Potremmo ricordare John Locke, l’autore del libello Lettera sulla tolleranza, filosofo inglese della “gloriosa rivoluzione” protestante (filo giudeo-massonica – Ndr) di fine Seicento, in cui proclama la massima apertura verso tutte le idee e fedi tranne una, la cattolica.
Il “venerabile” Voltaire e l’intollerante vero
Circa un secolo dopo, ci fu un altro venerato maestro, Voltaire, noto avversario intransigente della Chiesa di Roma, l’infame da schiacciare, a cui viene comunemente attribuita un’affermazione che non fece mai: non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire. Con enfasi crescente, la mano sul cuore ed una furtiva lacrima, liberali, progressisti e democratici autonominati in servizio permanente la ripetono spesso: le parole non costano granché, quando sono approvate dal Gran Consiglio del Politicamente Corretto… Dunque, cari democratici a tassametro, pensosi, moralisti e riflessivi come possono esserlo solo gli esponenti di una civilizzazione estenuata, perché mai non difendete la libertà di parola, di pensiero e di espressione di cui siete fierissimi sostenitori? O sono liberi solo alcuni, a vostro insindacabile giudizio? Chi sono gli “intolleranti “, forse l’aggettivo è sinonimo di oppositore, dissenziente, eretico, o magari può essere attribuito a chiunque non condivida le linee guida – chiamiamole così- della società contemporanea. Un piccolissimo appunto, per ricordare che il verbo tollerare significa innanzitutto accettare, per convinzione, quieto vivere, opportunità, attitudini o idee che non ci piacciono. Pertanto, intolleranti siete voi, che negate ai non conformisti le libertà fondamentali, e amate, invocate la psicopolizia, quella che George Orwell inventò a sostegno del Grande Fratello.
LE FORBICI SULLA LIBERTA’
Nel recinto del sistema
Un pilastro del pensiero “liberal”, l’americano Noam Chomsky, campione di tutti i progressismi dell’universo, enunciò con grande sagacia un decalogo di comportamenti illiberali del potere, una vera strategia della manipolazione attraverso i mezzi di comunicazione. Ci piace elencarli senza commento. 1-La strategia della distrazione 2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni. 3- La strategia della gradualità. 4- La strategia del differire. 5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini. 6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.7 – Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. 8 – Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità. 9 – Rafforzare l’auto-colpevolezza. 10 – Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono. Il fatto è che impiegati di concetto e banditori del pensiero dominante si sono convinti, nel tempo, che le loro siano le uniche posizioni “morali”. Chi esprime pensieri difformi è quindi un empio, un soggetto malvagio da colpire con i rigori della legge e non da sconfiggere sul terreno delle idee. Le sue, infatti, sono non-idee. Il primo colpevole è proprio Popper, che ha fornito loro un perfetto arsenale concettuale multiuso. Basta affermare, di un’idea, un gruppo, una persona, che è portatrice di intolleranza o violenza, e scatta l’interdetto. Dario Antiseri, massimo interprete italiano del pensiero di Popper, lo ha scritto a tutte lettere: “la società aperta è aperta ma non spalancata. E siccome sappiamo che la libertà non si perde tutta in una volta, il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza. “Sembrerebbero sante parole, senonché, in un altro passo, egli afferma che “i nemici (della società aperta n.d.r.) credono di avere la Verità”. La lettera maiuscola respinge evidentemente nel campo degli intolleranti tutti coloro che hanno convinzioni nette. Ma l’obiezione più semplice è la seguente: se la nuova forma della verità, sia pure travestita come libertà, è l’insussistenza della Verità, siamo dinanzi ad un forma ben più pervasiva e sofisticata di oppressione, che, ovviamente, in nome del Giusto, del Morale, dell’Aperto, vieta ogni alternativa con il marchio d’infamia, la lettera scarlatta dell’Intolleranza. Le alate parole di Locke, dello pseudo Voltaire, di Brecht, di Popper e di Chomsky sono valide solo entro il recinto del sistema, del politicamente corretto, della polifonia su una nota unica.
L’ipocrisia del cerchio magico
Il cerchio magico si chiude inesorabilmente, ed espelle chi non si conforma. Vale la pena di continuare con le citazioni dei Buoni e dei Giusti. Un pastore luterano, Martin Niemoeller, negli anni quaranta, pronunciò un sermone divenuto famoso, ripreso in varie forme dallo stesso Brecht e dalla controcultura radicale, ai due lati dell’Oceano Atlantico. Eccone il brano essenziale: “Prima vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente perché io non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.” Mutano i tempi, si invertono gli obiettivi e le scale dei valori, ma l’attitudine del potere, evidentemente, non cambia, esattamente come uguale è l’ipocrisia, il conformismo, l’omertà, la vigliaccheria dei più, soprattutto di chi conta. Un caso recente, a proposito di violenza e società aperta: il grave ferimento di un deputato repubblicano americano da parte di un uomo risultato essere un sostenitore di Bernie Sanders è stato rapidamente rimosso dalla stampa internazionale. Le vittime dei bombardamenti americani o israeliani valgono zero, esattamente come gli iraniani uccisi nell’assalto degli islamisti sunniti al parlamento di Teheran. I bimbi morti di Aleppo hanno onore di pianti, vittime attribuite al bieco Assad, quelli di Gaza ignorati. Al contrario, lacrime obbligatorie a catinelle, melassa, retorica a fiumi, moralismo a tonnellate quando i caduti sono occidentali. Neanche la morte, con buona pace di Totò e della sua “Livella”, è uguale per tutti.
Chesterton e il nemico del sistema
Semplicemente ripugnante, un paio di mesi fa, fu il comportamento della stampa nazionale in occasione della terribile morte di tre zingarelle, carbonizzate in un incendio doloso. Tutti, ventre a terra, a gareggiare in indignazione e cordoglio, nella malcelata speranza che l’efferato delitto avesse risvolti razziali, salvo tacere all’unisono, come ad un segnale convenuto, allorché fu chiaro il movente di squallida vendetta interna da parte di gruppi rivali. Capì tutto con largo anticipo sul presente bastardo Emil Cioran. Reso ipersensibile dal suo stesso pessimismo radicale di esule deraciné, parlò di “bavaglio intriso nel miele.” Siamo, in tanti, dalla parte del torto. Nel 2000, un cantautore politico bolognese, Claudio Lolli, scrisse un brano con quel titolo, ed ebbe successo, come al tempo di Ho conosciuto anche zingari felici.
Protetto dall’appartenenza politico- culturale, poté pronunciare senza divieti il termine zingaro, una delle “parole del gatto”, come si dice a Genova, impronunciabili, proibite per scorrettezza politica. Chi sostiene l’ordine naturale è il più odiato nemico del sistema, specie se ha il coraggio di fare ciò che Chesterton riteneva inevitabile, sguainare la spada (delle idee, delle idee, signori psicopoliziotti) per affermare che l’erba è verde in primavera. A proposito del caso di Padre Livio, e delle intimidazioni intrise nel codice penale dei negatori LGBT dell’etica naturale, un sito molto attivo ha parlato di “gaystapo”. Parole forti, probabilmente esacerbate o eccessive, che ci limitiamo a registrare senza farle nostre per autotutela, ovvero per schietta autocensura, ma il problema c’è.
Le armi dei nuovi moralisti
Il clima è questo, e chi difende una fede, o l’identità della propria gente, o nega valore a principi che reputa antiumani (aborto, matrimonio gay, utero in affitto, eugenetica mascherata, eutanasia, precarietà esistenziale), chi non è schierato con il Mercato misura di tutte le cose, o ancora chi ha della storia d’Italia un’idea diversa dalla verità ufficiale, anzi dalla Verità, caro professore Antiseri così aperto e liberale, è il nuovo proscritto, simile ai disperati di Von Solomon.
Le armi abbondano,
giacché i nuovi moralisti impugnano il codice penale
stabilendo nuovi divieti in nome della libertà, della tolleranza,
del progresso e, ça va sans dire, della democrazia.
Inutile citare il sermone di cui sopra: esistono nuovi torti e nuove ragioni. In altri tempi, i soprusi erano in nome di principi tramontati o sconfitti, oggi abbiamo il dubbio piacere di essere perseguiti in nome dell’Umanità e dell’Uguaglianza. Sempre paroloni svuotati di significato, pronunciati con finta solennità e trascritti rigorosamente in lettere maiuscole. Ma il nostro è il tempo del mercante e della ragione calcolante. Come è facile e comodo, allora, trascinare gli avversari (nemici no, quelli li abbiamo noi, loro, i Buoni, hanno solo avversari!) davanti al tribunale civile, dirsi diffamati, chiedere – ed in genere ottenere – cospicui risarcimenti. Che bel modo di distruggere l’Altro, quello di rovinarlo economicamente. Il gioco è semplice: tu hai leso la mia “immagine”, cioè l’idea che io stesso diffondo della mia persona, dunque tutt’altro che la verità. Pagami, versa sul mio conto i tuoi averi; ma sono magnanimo, chiedimi pubblicamente scusa e ci accorderemo sulla somma da trasferire con bonifico. Ricorda tanto quelle guerre vigliacche combattute con il sistema odioso delle sanzioni. Non ti bombardo, sono contro la violenza, io; però ti affamo, ti impedisco di vendere i tuoi prodotti e ti vieto di acquistare ciò che ti serve. Oh, gran bontà delli cavalieri antiqui, scrisse l’Ariosto nel primo canto dell’Orlando, a proposito di Rinaldo e Ferraù che smisero di duellare per seguire la bella Angelica. Tutto finito, nessun rispetto, non si fanno prigionieri tra chi deve essere abbattuto in quanto indegno di appartenere allo spazio pubblico, piccola o grande incarnazione del male assoluto. Leo Strauss la chiamò “reductio ad Hitlerum” e colpisce ormai indistintamente una vasto ventaglio di idee, personalità, visioni della vita. Sempre, beninteso, in nome della società aperta, che non è spalancata, e dalla quale vanno espulsi o silenziati i dissidenti, con applauso fragoroso ed unanime della folla convenuta, munita di tessera del tifoso.
C’era una volta l’Articolo 21
E l’articolo 21 della nostra Costituzione di incomparabile bellezza, quello che proclama il diritto per tutti “di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”? Vale per tutti, ma, Popper insegna, non per i violenti – ed è sacrosanto – né per gli intolleranti, qualità che può essere facilmente attribuita a chiunque non piaccia al potere, o lo critichi, o si proponga di cambiarlo, sia pure con metodi pacifici. Ultimamente, con la fattiva complicità dei nuovi superpadroni, quelli di Silicon Valley detentori delle tecnoscienze, come Mark Zuckerberg Sire di Facebook, ne hanno inventata un’altra. Notizie e commenti sgraditi dovranno essere rimossi e perseguiti da nuovi tribunali della Santa Inquisizione Globale con l’accusa di essere fake news, in english, oh, yes, notizie false. Chi possiede le parole, è padrone del presente e del futuro.
Falso è ciò che lorsignori dichiarano tale,
con l’approvazione delle masse riflessive e un tantino decerebrate,
quelle che studiano solo ciò che “serve”
gli eterni fellah di ogni tempo sotto qualsiasi cielo di cui parlò Oswald Spengler. E intanto i codici si riempiono di nuovi virtuosi divieti, omofobia, discriminazione, xenofobia, sessismo; l’officina di Vulcano è sempre attiva, e innumerevoli pifferai come quello di Hamelin che annegò per vendetta i bambini di Hamelin, affogano la verità in nome della Verità, affilano le forbici di raffinate censure.
Chi si fa pecora, il lupo se la mangia
Roberto De Mattei, nell’articolo che provocò l’ira di padre Livio, a sua volta colpito per lesa Cirinnà, scrisse che vengono momenti in cui bisogna schierarsi. E’ così, per quanto costi caro, fino al cartellino rosso dell’espulsione dal consesso civile (civile?). Chi si fa pecora il lupo se la mangia: costringiamolo almeno a fare fatica, il lupo globale, smascheriamolo, non lasciamogli l’esclusiva della parola e dell’azione. Non è nuovo il tempo dei lupi che si fingono vittime. Ci pensò già Fedro, oltre due millenni or sono a descrivere la favola, o la triste realtà. Trascriviamola una volta ancora, a futura memoria, affinché qualcuno si schieri, o almeno rifletta. “Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, vanno allo stesso ruscello. Il lupo sta più in alto e, un po’ più lontano, in basso, l’agnello. Allora il malvagio, incitato dalla gola insaziabile, cerca una causa di litigio. “Perché dice- mi hai fatto diventare torbida l’acqua che sto bevendo? E l’agnello, tremando: “Come posso – dice- fare ciò che lamenti, lupo? L’acqua scorre da te alle mie sorsate!” Quello, respinto dalla forza della verità: “sei mesi fa- aggiunge- hai parlato male di me!” Risponde l’agnello: Ma veramente… non ero ancora nato! Per Ercole, Tuo padre –dice- ha parlato male di me”. E così lo afferra e lo uccide dandogli una morte ingiusta. Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.”
Nihil sub sole novi,
niente di nuovo sotto il sole.
L’ipocrisia del cerchio magico e le armi dei nuovi moralisti
di Roberto Pecchioli
Ci siamo seduti dalla parte del torto…
Ci siamo seduti dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati
Roma – di Roberto Pecchioli – La frase è attribuita a Bertolt Brecht, il drammaturgo tedesco campione della Germania Est, comunista ma assai attento al portafogli, reso celebre in Italia dal Piccolo Teatro di Giorgio Strehler. Prendiamolo in parola, l’autore dell’Opera da tre soldi, rilevando che la sua osservazione sembra la storia di chi, in Italia ed in Occidente, non condivide idee, luoghi comuni, superstizioni dell’ampia galassia progressista sostenuta dalle oligarchie di potere. La cronaca è sempre più ricca di esempi sconcertanti: la denuncia dinanzi all’ordine professionale della stessa categoria di un medico accusato, udite, udite, di aver affermato che i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre. Potremmo continuare con il pubblico ludibrio di chi non è convinto dell’utilità di alcune vaccinazioni obbligatorie, con tanto di sanzioni pesantissime ai genitori “renitenti”, minacciati della privazione della potestà genitoriale, e radiazione dall’Ordine professionale per i medici refrattari. E poiché sia più evidente la manifesta inutilità degli ordini: ci viene adesso la notizia dei sei mesi di sospensione dall’Ordine dei Giornalisti comminata a Padre Livio Fanzaga, il dominus di Radio Maria, la più ascoltata emittente cattolica. Il prete bergamasco ha pagato per un’accusa surreale:
ha infatti affermato di temere per il destino eterno dell’anima
della molto onorevole e democratica signora Cirinnà,
la madre della legge che ha autorizzato in Italia le cosiddette unioni civili
tra persone dello stesso sesso,
ovvero le simil nozze omosessuali.
La stampa italiana, con il consueto coro sguaiato, superficiale e conformista disinforma i lettori asserendo che Don Livio “ha augurato la morte “alla povera vittima. Falso: nella piena ortodossia della sua fede (quella della chiesa di rito romano, non argentino), il prete ha rammentato alla riccioluta onorevole – madre, tra l’altro, di figli non umani, come afferma orgogliosa sul suo sito personale – che dopo la morte (il più tardi possibile, si affrettò a chiarire) affronterà il giudizio di Dio. Nulla di strano per chi crede, e neppure per gli altri, che potrebbero tutt’al più sorridere per le curiose convinzioni del fondatore di Radio Maria. Niente da fare, sei mesi di sospensione dall’Ordine, peraltro già scontati.
Chi sono gli intolleranti?
Sarebbe facile quanto sciocco o sterile ricordare a Padre Livio che chi di censura ferisce, di censura perisce, giacché nel 2014 un noto intellettuale cattolico, Roberto De Mattei venne sbrigativamente escluso da Radio Maria per un articolo su un’agenzia di stampa, Motus in fine velocior, in cui esprimeva perplessità sull’operato di Jorge Mario Bergoglio. Beghe interne, tutto sommato, di cui merita occuparsi per un unico motivo, quello del nostro titolo: la parte del torto così scomoda, eppure così affollata da chi non si piega al corso del politicamente corretto, e tanto pericolosa nonostante le continue attestazioni di libertà, democrazia, tolleranza della sedicente società aperta. La libertà, nella società aperta, la tagliano a fettine con le forbici. Vediamo allora di usare nei suoi stessi confronti, rovesciandoli, gli argomenti di cui si ammanta. Karl Popper, suo gran teorico, scriveva che la società aperta deve essere ben chiusa ai suoi nemici, i violenti e gli intolleranti. Magnifico programma, a patto di definire le due categorie. Per i violenti sembra tutto facile, è ovvia la repulsione nei confronti di chi esercita coazione fisica, terrorismo e simili. Ma chi sono gli “intolleranti”? Potremmo ricordare John Locke, l’autore del libello Lettera sulla tolleranza, filosofo inglese della “gloriosa rivoluzione” protestante (filo giudeo-massonica – Ndr) di fine Seicento, in cui proclama la massima apertura verso tutte le idee e fedi tranne una, la cattolica.
Il “venerabile” Voltaire e l’intollerante vero
Circa un secolo dopo, ci fu un altro venerato maestro, Voltaire, noto avversario intransigente della Chiesa di Roma, l’infame da schiacciare, a cui viene comunemente attribuita un’affermazione che non fece mai: non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire. Con enfasi crescente, la mano sul cuore ed una furtiva lacrima, liberali, progressisti e democratici autonominati in servizio permanente la ripetono spesso: le parole non costano granché, quando sono approvate dal Gran Consiglio del Politicamente Corretto… Dunque, cari democratici a tassametro, pensosi, moralisti e riflessivi come possono esserlo solo gli esponenti di una civilizzazione estenuata, perché mai non difendete la libertà di parola, di pensiero e di espressione di cui siete fierissimi sostenitori? O sono liberi solo alcuni, a vostro insindacabile giudizio? Chi sono gli “intolleranti “, forse l’aggettivo è sinonimo di oppositore, dissenziente, eretico, o magari può essere attribuito a chiunque non condivida le linee guida – chiamiamole così- della società contemporanea. Un piccolissimo appunto, per ricordare che il verbo tollerare significa innanzitutto accettare, per convinzione, quieto vivere, opportunità, attitudini o idee che non ci piacciono. Pertanto, intolleranti siete voi, che negate ai non conformisti le libertà fondamentali, e amate, invocate la psicopolizia, quella che George Orwell inventò a sostegno del Grande Fratello.
LE FORBICI SULLA LIBERTA’
Nel recinto del sistema
Un pilastro del pensiero “liberal”, l’americano Noam Chomsky, campione di tutti i progressismi dell’universo, enunciò con grande sagacia un decalogo di comportamenti illiberali del potere, una vera strategia della manipolazione attraverso i mezzi di comunicazione. Ci piace elencarli senza commento. 1-La strategia della distrazione 2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni. 3- La strategia della gradualità. 4- La strategia del differire. 5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini. 6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.7 – Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. 8 – Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità. 9 – Rafforzare l’auto-colpevolezza. 10 – Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono. Il fatto è che impiegati di concetto e banditori del pensiero dominante si sono convinti, nel tempo, che le loro siano le uniche posizioni “morali”. Chi esprime pensieri difformi è quindi un empio, un soggetto malvagio da colpire con i rigori della legge e non da sconfiggere sul terreno delle idee. Le sue, infatti, sono non-idee. Il primo colpevole è proprio Popper, che ha fornito loro un perfetto arsenale concettuale multiuso. Basta affermare, di un’idea, un gruppo, una persona, che è portatrice di intolleranza o violenza, e scatta l’interdetto. Dario Antiseri, massimo interprete italiano del pensiero di Popper, lo ha scritto a tutte lettere: “la società aperta è aperta ma non spalancata. E siccome sappiamo che la libertà non si perde tutta in una volta, il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza. “Sembrerebbero sante parole, senonché, in un altro passo, egli afferma che “i nemici (della società aperta n.d.r.) credono di avere la Verità”. La lettera maiuscola respinge evidentemente nel campo degli intolleranti tutti coloro che hanno convinzioni nette. Ma l’obiezione più semplice è la seguente: se la nuova forma della verità, sia pure travestita come libertà, è l’insussistenza della Verità, siamo dinanzi ad un forma ben più pervasiva e sofisticata di oppressione, che, ovviamente, in nome del Giusto, del Morale, dell’Aperto, vieta ogni alternativa con il marchio d’infamia, la lettera scarlatta dell’Intolleranza. Le alate parole di Locke, dello pseudo Voltaire, di Brecht, di Popper e di Chomsky sono valide solo entro il recinto del sistema, del politicamente corretto, della polifonia su una nota unica.
L’ipocrisia del cerchio magico
Il cerchio magico si chiude inesorabilmente, ed espelle chi non si conforma. Vale la pena di continuare con le citazioni dei Buoni e dei Giusti. Un pastore luterano, Martin Niemoeller, negli anni quaranta, pronunciò un sermone divenuto famoso, ripreso in varie forme dallo stesso Brecht e dalla controcultura radicale, ai due lati dell’Oceano Atlantico. Eccone il brano essenziale: “Prima vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente perché io non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.” Mutano i tempi, si invertono gli obiettivi e le scale dei valori, ma l’attitudine del potere, evidentemente, non cambia, esattamente come uguale è l’ipocrisia, il conformismo, l’omertà, la vigliaccheria dei più, soprattutto di chi conta. Un caso recente, a proposito di violenza e società aperta: il grave ferimento di un deputato repubblicano americano da parte di un uomo risultato essere un sostenitore di Bernie Sanders è stato rapidamente rimosso dalla stampa internazionale. Le vittime dei bombardamenti americani o israeliani valgono zero, esattamente come gli iraniani uccisi nell’assalto degli islamisti sunniti al parlamento di Teheran. I bimbi morti di Aleppo hanno onore di pianti, vittime attribuite al bieco Assad, quelli di Gaza ignorati. Al contrario, lacrime obbligatorie a catinelle, melassa, retorica a fiumi, moralismo a tonnellate quando i caduti sono occidentali. Neanche la morte, con buona pace di Totò e della sua “Livella”, è uguale per tutti.
Chesterton e il nemico del sistema
Semplicemente ripugnante, un paio di mesi fa, fu il comportamento della stampa nazionale in occasione della terribile morte di tre zingarelle, carbonizzate in un incendio doloso. Tutti, ventre a terra, a gareggiare in indignazione e cordoglio, nella malcelata speranza che l’efferato delitto avesse risvolti razziali, salvo tacere all’unisono, come ad un segnale convenuto, allorché fu chiaro il movente di squallida vendetta interna da parte di gruppi rivali. Capì tutto con largo anticipo sul presente bastardo Emil Cioran. Reso ipersensibile dal suo stesso pessimismo radicale di esule deraciné, parlò di “bavaglio intriso nel miele.” Siamo, in tanti, dalla parte del torto. Nel 2000, un cantautore politico bolognese, Claudio Lolli, scrisse un brano con quel titolo, ed ebbe successo, come al tempo di Ho conosciuto anche zingari felici. Protetto dall’appartenenza politico- culturale, poté pronunciare senza divieti il termine zingaro, una delle “parole del gatto”, come si dice a Genova, impronunciabili, proibite per scorrettezza politica. Chi sostiene l’ordine naturale è il più odiato nemico del sistema, specie se ha il coraggio di fare ciò che Chesterton riteneva inevitabile, sguainare la spada (delle idee, delle idee, signori psicopoliziotti) per affermare che l’erba è verde in primavera. A proposito del caso di Padre Livio, e delle intimidazioni intrise nel codice penale dei negatori LGBT dell’etica naturale, un sito molto attivo ha parlato di “gaystapo”. Parole forti, probabilmente esacerbate o eccessive, che ci limitiamo a registrare senza farle nostre per autotutela, ovvero per schietta autocensura, ma il problema c’è.
Le armi dei nuovi moralisti
Il clima è questo, e chi difende una fede, o l’identità della propria gente, o nega valore a principi che reputa antiumani (aborto, matrimonio gay, utero in affitto, eugenetica mascherata, eutanasia, precarietà esistenziale), chi non è schierato con il Mercato misura di tutte le cose, o ancora chi ha della storia d’Italia un’idea diversa dalla verità ufficiale, anzi dalla Verità, caro professore Antiseri così aperto e liberale, è il nuovo proscritto, simile ai disperati di Von Solomon.
Le armi abbondano,
giacché i nuovi moralisti impugnano il codice penale
stabilendo nuovi divieti in nome della libertà, della tolleranza,
del progresso e, ça va sans dire, della democrazia.
Inutile citare il sermone di cui sopra: esistono nuovi torti e nuove ragioni. In altri tempi, i soprusi erano in nome di principi tramontati o sconfitti, oggi abbiamo il dubbio piacere di essere perseguiti in nome dell’Umanità e dell’Uguaglianza. Sempre paroloni svuotati di significato, pronunciati con finta solennità e trascritti rigorosamente in lettere maiuscole. Ma il nostro è il tempo del mercante e della ragione calcolante. Come è facile e comodo, allora, trascinare gli avversari (nemici no, quelli li abbiamo noi, loro, i Buoni, hanno solo avversari!) davanti al tribunale civile, dirsi diffamati, chiedere – ed in genere ottenere – cospicui risarcimenti. Che bel modo di distruggere l’Altro, quello di rovinarlo economicamente. Il gioco è semplice: tu hai leso la mia “immagine”, cioè l’idea che io stesso diffondo della mia persona, dunque tutt’altro che la verità. Pagami, versa sul mio conto i tuoi averi; ma sono magnanimo, chiedimi pubblicamente scusa e ci accorderemo sulla somma da trasferire con bonifico. Ricorda tanto quelle guerre vigliacche combattute con il sistema odioso delle sanzioni. Non ti bombardo, sono contro la violenza, io; però ti affamo, ti impedisco di vendere i tuoi prodotti e ti vieto di acquistare ciò che ti serve. Oh, gran bontà delli cavalieri antiqui, scrisse l’Ariosto nel primo canto dell’Orlando, a proposito di Rinaldo e Ferraù che smisero di duellare per seguire la bella Angelica. Tutto finito, nessun rispetto, non si fanno prigionieri tra chi deve essere abbattuto in quanto indegno di appartenere allo spazio pubblico, piccola o grande incarnazione del male assoluto. Leo Strauss la chiamò “reductio ad Hitlerum” e colpisce ormai indistintamente una vasto ventaglio di idee, personalità, visioni della vita. Sempre, beninteso, in nome della società aperta, che non è spalancata, e dalla quale vanno espulsi o silenziati i dissidenti, con applauso fragoroso ed unanime della folla convenuta, munita di tessera del tifoso.
C’era una volta l’Articolo 21
E l’articolo 21 della nostra Costituzione di incomparabile bellezza, quello che proclama il diritto per tutti “di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”? Vale per tutti, ma, Popper insegna, non per i violenti – ed è sacrosanto – né per gli intolleranti, qualità che può essere facilmente attribuita a chiunque non piaccia al potere, o lo critichi, o si proponga di cambiarlo, sia pure con metodi pacifici. Ultimamente, con la fattiva complicità dei nuovi superpadroni, quelli di Silicon Valley detentori delle tecnoscienze, come Mark Zuckerberg Sire di Facebook, ne hanno inventata un’altra. Notizie e commenti sgraditi dovranno essere rimossi e perseguiti da nuovi tribunali della Santa Inquisizione Globale con l’accusa di essere fake news, in english, oh, yes, notizie false. Chi possiede le parole, è padrone del presente e del futuro.
Falso è ciò che lorsignori dichiarano tale,
con l’approvazione delle masse riflessive e un tantino decerebrate,
quelle che studiano solo ciò che “serve”
gli eterni fellah di ogni tempo sotto qualsiasi cielo di cui parlò Oswald Spengler. E intanto i codici si riempiono di nuovi virtuosi divieti, omofobia, discriminazione, xenofobia, sessismo; l’officina di Vulcano è sempre attiva, e innumerevoli pifferai come quello di Hamelin che annegò per vendetta i bambini di Hamelin, affogano la verità in nome della Verità, affilano le forbici di raffinate censure.
Chi si fa pecora, il lupo se la mangia
Roberto De Mattei, nell’articolo che provocò l’ira di padre Livio, a sua volta colpito per lesa Cirinnà, scrisse che vengono momenti in cui bisogna schierarsi. E’ così, per quanto costi caro, fino al cartellino rosso dell’espulsione dal consesso civile (civile?). Chi si fa pecora il lupo se la mangia: costringiamolo almeno a fare fatica, il lupo globale, smascheriamolo, non lasciamogli l’esclusiva della parola e dell’azione. Non è nuovo il tempo dei lupi che si fingono vittime. Ci pensò già Fedro, oltre due millenni or sono a descrivere la favola, o la triste realtà. Trascriviamola una volta ancora, a futura memoria, affinché qualcuno si schieri, o almeno rifletta. “Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, vanno allo stesso ruscello. Il lupo sta più in alto e, un po’ più lontano, in basso, l’agnello. Allora il malvagio, incitato dalla gola insaziabile, cerca una causa di litigio. “Perché dice- mi hai fatto diventare torbida l’acqua che sto bevendo? E l’agnello, tremando: “Come posso – dice- fare ciò che lamenti, lupo? L’acqua scorre da te alle mie sorsate!” Quello, respinto dalla forza della verità: “sei mesi fa- aggiunge- hai parlato male di me!” Risponde l’agnello: Ma veramente… non ero ancora nato! Per Ercole, Tuo padre –dice- ha parlato male di me”. E così lo afferra e lo uccide dandogli una morte ingiusta. Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.”
Nihil sub sole novi,
niente di nuovo sotto il sole.
Fonte: QuiEuropa
Hanno ingaggiato le loro mute di giornalisti ,sentono LA fine come i topi sulle navi quando fiutano il naufragio,come quel Luca donadel che accusa l’islam e I nazisti in un video ,e tutti a commentare si si hai ragione!I nostri padroni possono dormire Sonni tranquilli,il popolo dorme che e’ un piacere e guai a chi lo sveglia!
Sono certo che sia una svista della redazione ripetere due volte il testo dell’articolo.
Perché stigmatizzare la pagliuzza sull’occhio del vicino?
E’ ciò che fa abitualmente il signor Pecchioli che non accetta opinazioni alle proprie idee dimostrandosi degno partecipe dello spirito nazionale: l’ipocrisia.
Al vertice della piramide sosta il presidente della repubblica che come già membro della corte di cassazione si era auto-dichiarato illeggittimo,
Quando è stato eletto al vertice dello stato cosa ha fatto? Avendone il potere doveva sciogliere le camere e dare voce al popolo, per rispettare la coerenza da lui stesso sancita. E invece no! Si è accomodato nella sua poltrona perché “cummanare è meglio che fottere”.
Quindi, a cascata, ognuno esercita la propria razione di potere, non ultimo il Nostro.
Chi sono i violenti e gli intolleranti?
Ho scritto erroneamente cassazione ma è corte costituzionale.
salve
Pecchioli, come sempre, non sbaglia un colpo e va dritto al problema.
saluti
Piero e famiglia
Mi potrò sbagliare, Piero e famiglia, ma temo che Pecchioli non frequenti questi lidi e quindi la mia richiesta rimarrà inevasa, perciò dal momento che ne condivide le riflessioni la rivolgo a lei: chi sono i violenti e gli intolleranti paventati ma non meglio precisati?
Grazie per quanto gentilmente riterrà rispondermi.
Dopo aver letto diversi testi tipo il Malatesta ,ho trovato che l’anarchia si possa paragonare ad un binario Morto ,bellissimo,ma che non porta da nessuno parte.Sulla religione I dogmi le cerimonie non dico niente sono ignorante in materia ,ma e’ sui valori morali dei costumi dell’educazione che difendo LA Chiesa ,provate a vedere gl’altri popoli buddisti del mondo,c’e’ da piangere!!Sull’articolista ,non e’ il mio tipo allora e’ meglio LA Perrucchietti.I cattolici che navigano nel web stiano attenti ,navigano e frugano nel falso ve lo dico dopo averci passato degli anni a frugare,I’ll diablo ha 1000 maschere
Potrei concordare sul resto, ma sull’anarchia non condivido. Mio marito un giorno ha detto “ci fosse l’anarchia nessuno esce più di casa nemmeno per fare spesa, e ogni casa avrebbe il triplo portone blindato”.
Sono più d’accordo con lui che con chi dice che l’anarchia porta ad un binario morto.
In ultima analisi il Far West è un esempio buono di cosa è l’anarchia degli abitanti del pianeta Terra, che con questo dobbiamo fare i conti, ogni azione e ogni parola non sono mica la stessa cosa per tutti, anche se alla fine il cerchio magicamente però si chiude sempre… e sempre allo stesso modo. Ma va’! Che caso, eh!
Il vero uomo, quello che sarà il capostipite di un nuovo uomo su questo pianeta è colui che alla fine l’ultima sua parola, l’ultimo suo gesto, saranno cose mai viste succedere prima…
Dove mai dovrei scriverlo con la m maiuscola.
Il bene od il male, il buono od il cattivo, il bello od il brutto non sono mai divisi, Daniele, ma sono sempre mischiati, quindi anche la chiesa cattolica ha il buono ed il cattivo, il bello ed il brutto ecc.
Quando guardo gli edifici da essa costruiti e condotti non posso che provare ammirazione se confrontati con quelli amministrati dallo stato. Senza citare le opere d’arte, il confronto è inesistente.
Capisco che sia un controsenso dal momento che la chiesa dovrebbe rivolgersi allo spirito e non alla materia, ma tant’è.
Per quanto riguarda l’anarchia è una sua opinione, nei fatti non si è mai potuta verificare.
Si è verificata (due mesi a Parigi) ma ha mostrato tutta la sua utopica inconsistenza…
Lister, mi sta forse prendendo in giro?
Le cose che può provare a Parigi sono altre….
Povero omuncolo terrestre, che pena mi fa… dal più ricco al più povero.
Se penso a noi terrestri il primo pensiero che mi viene è : perché l’omuncolo ha tanta paura di se stesso? Non si fida…
Questo articolo mi ha messo malinconia, mi sento triste.
I totalitarismi mascherati da democrazie, ovvero quelle dell’Occidente contemporaneo, sono questi, dove il loro pensiero viene “democraticamente” imposto alle masse, e sempre “democraticamente” censura e aggredisce verbalmente – con termini del tipo “fascista” – chiunque osa rivolgere critiche al Sistema da loro creato. Ricordiamolo, tutto in nome della “democrazia” e della “libertà”.
Non ricordo dove l’ho letto, ma è proprio vero che il liberalismo è il più totalitario delle ideologie, anche perché oltre alla politica abbraccia anche l’economia nella sua accezione peggiore, il liberismo, che è uno dei principali responsabili della odierna crisi economica.
Il liberismo finanziario è la cuspide del Far West, concordo in pieno sul tuo commento
Certo, è un mondo a parte, non è regolamentato, perché si sa “prima viene il mercato” e qualsiasi cosa “la chiede il mercato”, guai se non viene assecondata, si rischia di passare per “statalisti”. I liberisti (o neoliberisti come dir si voglia, la sostanza non cambia) non li sopporto, sono paranoici e logorroici con il loro motto “meno stato”: certo, l’esistenza di uno stato che regolamenta l’economia e impone determinate condizioni ai vari soggetti economici per poter operare all’insegna della sana concorrenza, per evitare che si possano creare disuguaglianze sociali troppo nette, non conviene ai liberisti iperglobalisti servi delle multinazionali e della finanza speculativa internazionale, a cui piace schiavizzare e sfruttare i cittadini in vari modi, e per i quali i cittadini sono solo ed esclusivamente “consumatori”.
La cosa paradossale è che i liberisti che si lamentano maggiormente, sono proprio quelli di casa nostra, nonostante lo Stato italiano sia stato quello che ha effettuato più privatizzazioni di aziende pubbliche nell’arco degli ultimi 25 anni in Europa e quello che maggiormente latita in economia, viste le liberalizzazioni selvagge. Sono fermamente contrario all’economia puramente statalista in quanto soffoca l’iniziativa privata, ma l’economia ultracapitalista oggi in vigore si sta rivelando altrettanto dannosa.
Di chi è il pianeta? Del più forte fisicamente? Del più buono? Del più cattivo? Siamo esseri primitivi vinca il più forte? Siamo animali?
Il pianeta non ha proprietari umani, fa parte del Cosmo, appartiene al Cosmo, noi umani l’abbiamo in affitto, e non c’è affitto da pagare, il proprietario ce lo lascia gratis, è incredibile….
Chi se ne prende un pezzo deve riconoscere un tributo per la parte che si è presa a tutti gli altri, qui nessuno potrebbe e dovrebbe fare cose che gli altri non permettano di fare, agli incontenibili malati mentali incapaci di rapportarsi a regole civili vanno riconosciute cure adeguate e l’impossibilità di nuocere, ci vogliono paletti, dissuasori, al di sopra delle debolezze e malattie mentali degli umani. In noi è contenuto l’Universo intero, ogni legge fisica, filosofica, matematica, in noi c’è, una minuscola parte di umani lotta disperatamente da sempre, dagli inizi della nostra storia, per impedirci di spendere tutto il potenziale che siamo, facendoci cose che ci impongono delle PRIORITÀ’, così che non solo noi non si possa essere ciò che siamo, ma addirittura non lo dobbiamo proprio sapere….
NOI SIAMO DIO.
Per spiegarmi piu’ chiaramente: l’anarchia e’ un utopia che per come LA penso io va aggiustata a suon di raddrizza persone.Come diceva Celine per scacciare il diavolo che c’e’ nell’uomo ci vuole allevamento e manganello,con le parole e I bei discorsi non si arriva a niente.
Provata: bocciata nel giro di due mesi…
Lister, è sempre quella di Parigi come sopra?
Gustave Courbet, 30 aprile 1871: “Parigi è un vero paradiso; niente polizia, niente sciocchezze, nessuna esazione di sorta, niente litigi.
Parigi va avanti da sola… bisognerebbe poter rimanere sempre così”.
Non è questo il “paradiso” cui agogna Lei, con la Sua voglia di anarchia?
Niente da fare: dopo un mese circa, tutto finito.
Lei basa la sua certezza del fallimento dell’anarchia sulle parole scritte da Gustavo Courbet.
Questo cosa c’entra con l’anarchia?
Spesso si trovano rotoli di carta igienica che veicolano delle scritte, contento lei!!
Solo nelle ultime ore 8500 immigrati,di questo passo e’ LA fine ,mi eclisso anch’io fate un po’ quel che volete ,il colpo di grazia ,povera madrepatria non avrei mai creduto.
Pecchioli secondo me e’delle mie parti ,percio’ signor Giorgio puo’star sicuro che non ricevera’ alcunche’,quando un provinciale fa un po di successo un pavone non e’ suo cugino!Ho visto 11 minuti di Santoro su Hitler: ci vuole un demente in malafede a fare una trasmisissione di quel genere,LA cacca nel vasetto,il caprone tutti temi che stanno a cuore a quel popolo la’ ,si chiama coprofagia e agli EB… Piace molto scherzare su quel tema ,nel film borat e tanti altri,li stano in tutte le boiate che fanno ,li conosco ormai
Non seguo Santoro a prescindere, Daniele, e pagare il canone per farmi istupidire mi sembra demenziale.
Pecchioli essendo ligure, come altri qua dentro, è avaro in ogni direzione, ne capisco la motivazione dal momento che si alimenta di sangue.