Chi lavora dietro le quinte per destabilizzare la Turchia ed il regime del presidente Erdogan?

di Luciano Lago

Dopo l’ultimo sanguinoso attentato terroristico di Instambul, avvenuto nella notte di capodanno, dalla condanna espressa dai governi occidentali e dal commento prevalente che viene fatto dai grandi media, si tende a spiegare come il terrorismo sia finalizzato a creare un clima di paura e di vendetta e come questo  rappresenti una strategia del terrore svolta da alcuni fanatici invasati che colpiscono seguendo una loro ideologia fanatica e distorta.

Se qualcuno domanda (ingenuamente) quali possono essere i reali obiettivi dei terroristi, i commentatori cercano di convincere il loro pubblico con argomenti risibili quali, ” ci colpiscono perchè odiano le nostra libertà” indicando i terroristi islamici come dei fanatici che commettono azioni di brutalità insensata, finalizzate ad una strategia per creare l’inferno nelle città dove si svolge una vita normale.  Gli atti di terrorismo, secondo alcuni, sarebbero una forma di “punizione” riservata agli “infedeli”, che siano occidentali, turchi o arabi di fede diversa rispetto a quella islamica salafita.

In realtà è facile osservare come questa sia una interpretazione riduttiva e deviante di quanto avviene in quanto gli attacchi terroristici rappresentano in effetti soltanto una tattica dietro la quale ci sono precise strategie dei mandanti, che quasi sempre corrispondono a degli Stati ed ai relativi servizi segreti che agiscono per raggiungere determinati obiettivi.

Per comprendere il contesto di azioni come quelle che avvengono in Turchia, bisogna chiedersi innanzi a tutto a chi giova? Chi guadagna da questi eventi?
I massacri che vengono effettuati dai jihadisti radicali devono sempre essere ricondotti alle centrali di arruolamento e di coordinamento di questi gruppi che non sono quasi mai dei “cani sciolti” ma sono miliziani addestrati in modo efficiente e pianificato. Le centrali di formazione dei terroristi si trovano in paesi quali l’Arabia Saudita, il Qatar, la stessa Turchia (salvo aver cambiato campo di recente), e negli USA, sotto lo schermo della CIA.
Questa non è una novità ma un fatto accertato ed ammesso dagli stessi funzionari di alto grado dell’establishment USA. I gruppi terroristi jihadisti sono stati da anni finanziati ed addestrati dalla CIA e dagli altri organismi di intelligence degli USA (e GB) per essere utilizzati come arma tattica nei vari contesti di conflitto, in Siria, in Iraq, in Libano ed adesso in Turchia.

Addestramento terroristi

Addestramento terroristi

L’utilizzo più frequente dei gruppi terroristi jihadisti è stato quello finalizzato al rovesciamento di governi ostili agli interessi USA, questo è avvenuto con Al Qaeda in Libia, ultimamente in Siria con i gruppi di Al Nusra e Jabhat Fatah al-Sham, che sono stati scopertamente armati e pilotati dalla CIA e dalla NATO (come si è reso evidente nella battaglia di Aleppo).

Si può facilmente dedurre come la Turchia sia oggi nel mirino della strategia USA, da quando il presidente turco Recepit Erogan è riuscito a bloccare il tentato golpe, chiaramente istigato da Washington e dalla fazione gulenista ispirata e protetta dagli USA . Risulta evidente che può essere conforme a questa strategia la destabilizzazione del paese, mediante l’attivazione della rete terroristica che opera sotto i simboli dell’ISIS o di AL Nusra e che deve colpire obiettivi indiscriminati in Turchia per seminare il terrore e l’insicurezza. La finalità di questa strategia è quella di indebolire Erdogan e di consentire un rovesciamento del suo Governo, colpevole, agli occhi di Washington, di volersi allontanare dalla stretta alleanza con gli USA e con la NATO per essersi avvicinata all’asse russo-iraniano.

Significativi due fatti:

1) il vertice trilaterale tenutosi il 20 Dicembre a Mosca tra i ministri degli Esteri di Turchia-Russia-Iran ove i tre paesi hanno concordato che i prossimi colloqui di pace sulla Siria verranno tenuti nella capitale del Kazakhstan, Astana, per risolvere la crisi siriana (esclusa la partecipazione USA);
2) Le dicharazioni di Erdogan in cui accusa gli USA di aver sostenuto l’ISIS e di averne le prove documentate.  Vedi: Erdogan accusa: gli USA hanno sostenuto l’ISIS, ho le prove

Questi due fatti hanno fortemente irritato Washington che, come si può facilmente immaginare, ha meditato le sue contromosse contro Erdogan. La Posta in gioco è troppo importante: in sospeso la permanenza nella NATO e nell’orbita occidentale della Turchia (80 milioni di abitanti) paese cerniera tra Europa e Asia, gli statunitensi non potrebbero tollerare una perdita di questo livello.

Questo spiega che le centrali di potere USA debbano ricorrere, per forza di cose, ad una strategia occulta che ha visto, fra i vari episodi, l’omicidio dell’ambasciatore russo ad Ankara, chiaramente pianificato per mettere in difficoltà Erdogan con la Russia ed adesso l’incremento di attentati terroristici in pieno Istambul.

Da non trascurare anche il ruolo e gli interessi dell’Arabia Saudita che è la potenza araba che rimarrebbe maggiormente pregiudicata da un riavvicinamento della Turchia all’Iran (il suo maggiore nemico nella regione) ed alla Russia. Non è raro che il “lavoro sporco”, quello di seminare attentati e terrorismo contro la Turchia possa essere stato affidato anche ai potenti servizi di intelligence sauditi che dispongono di molte entrature in Turchia in quanto, fino a pochi mesi addietro, operavano in alleanza militare con Ankara per rovesciare il Governo di Damasco.

Da tutto questo si capisce che ci sono varie potenze interessate a destabilizzare il Governo di Erdogan e non ci sono esclusioni di mezzi per ottenere questo obiettivo. Non si può dire quindi che manchi del lavoro per gli agenti dei servizi segreti, un settore che, di questi tempi, non conosce crisi.

3 thoughts on “Chi lavora dietro le quinte per destabilizzare la Turchia ed il regime del presidente Erdogan?

  1. L’ analisi di Lago riprende, forse casualmente, la tesi di Kevin Barrett di Veterans today . Cui bono ? Si chiedono entrambi, e le conclusioni differiscono solo marginalmente. E’ chiaro che Barrett e i veterans che sostenevano la Clinton non sono del tutto obbiettivi nel giudicare i fatti americani, mentre il nostro connazionale e’ come sempre attento nel formulare ipotesi che non siano suffragate da fatti concreti. Giustamente sostiene ci sia molto lavoro per i servizi segreti. Non ho dubbi che in quel mondo sotterraneo la guerra sia totale, ma sono anche sicuro che sia Putin , e non i globalisti ad avere le carte migliori. La Russia ha vinto in Siria, i dati macroeconomici russi indicano per il 2017, una crescita’ del 1, 7% ed un deficit del 3, 7. Se il petrolio risalisse al di sopra dei 40$ previsti, e tutto indica che sara’ cosi’, andrebbe ancora meglio. Con il debito pubblico molto basso, enormi ricchezze naturali e abbondanti riserve in oro e valuta, la Russia puo’ dedicarsi a grandi progetti socioeconomici. Puo’ farlo perche’ ha un governo forte che ha il controllo delle risorse strategiche, e persegue una politica che ha come principio l’ interesse nazionale. L’ incubo dei globalisti. Questa frenesia crescente degli apparati del potere, l’ isteria mediatica e l’ escalation del terrorismo, si scontrano contra l’ inamovilita’ di Vladimir Vladimirovic Putin. Come il condottiero Kagemusha di Akira Kurosawa, il presidente zar non si muove. La montagna non si muove. La terza guerra mondiale puo’ attendere. Spassiba Vlad.

    1. Io ci andrei più cauto, non sono tutte rose e fiori, a parte che sarebbe prudente
      attendere la fine di Gennaio e le prime mosse di Trump per potere inquadrare
      e incominciare a vederci chiaro in questa massa ingarbugliata di teorie, supposizioni
      dichiarazioni ed eventi, pazienza.

  2. La destabilizzazione della Turchia e opera di quelli che hanno infuocato Siria,Iraq,libia e cioè gli yakee comandati dal premio Nobel per la pace!

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