Inserito alle 20:31h in
Geopolitica da Redazione Di Pablo Jofre Leal
L’Iraq si dibatte oggi in un nuovo conflitto che intensifica la distruzione del paese, la morte dei suoi cittadini e soprattutto il cammino verso il precipizio dopo anni dall’intervento statunitense, i cui risultati sono stati soltanto quelli di intensificare le divisioni nell’ambito di questo paese tormentato del Medio Oriente.
L’offensiva del gruppo bahatista takfiro, "Stato Islamico dell’Iraq e del Levante" (EIIL) che nella sua origine era costituito da una forza mercenaria finanziata con denaro saudita ed una strategia politica dettata a Washington e dal regime di Tel Aviv,
ha messo sul tappeto l’evidente fallimento della politica estera statunitense e dei suoi interventi militari in Medio Oriente. Fallimento particolarmente visibile in Iraq, paese che dall’esecuzione dell’ex dittatore Saddam Hussein (in precedenza alleato degli USA, Inghilterra e Francia), iniziò l’anno 2003 con una prima fase di occupazione, sotto il pretesto di delle armi di distruzione di massa che mai furono trovate nel territorio iracheno. Dopa il conflitto non si è rinforzata l’economia e soltanto si è favorito il complesso militare industriale statunitense, le imprese multinazionali che hanno preso gli appalti per la ricostruzione di raffinerie, ponti, strade, ed altre opere di infrastrutture per decine di milioni di dollari. Le stesse che furono distrutte dopo l’invasione dell’Iraq. Un paradosso surreale, sanguinoso e cruento per la viabilità dell’Iraq come paese.